Da Il Segno di marzo
Su una cosa sono tutti d’accordo: automobili, parcheggi e piste ciclabili non possono più convivere sulle strade sempre più congestionate delle nostre città. Semplicemente: tutto non ci sta. Il popolo degli ambientalisti (insieme a molti amministratori e accademici) non ha dubbi: le auto, e di conseguenza i parcheggi, devono lasciare il posto a forme di mobilità più sostenibili, in primis la bicicletta. È l’emergenza climatica a chiederlo, prima ancora del desiderio di vivere in una città più a misura d’uomo. Dall’altra parte, ci sono quelli, come alcuni esercenti, convinti che l’auto sia insostituibile, almeno per alcune funzioni, pena la paralisi della città.
Fa parte del primo gruppo Claudio Magliulo, responsabile italiano della campagna Clean Cities, coalizione europea di Ong e associazioni ambientaliste che ha come obiettivo una mobilità urbana a zero emissioni entro il 2030. Clean Cities lavora organizzando mobilitazioni dirette e promuovendo studi. L’ultimo, Non è un paese per bici, è uscito a fine 2022, in collaborazione con Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta), Legambiente e Kyoto Club.
«La prima considerazione leggendo il dossier – esordisce – è che in Italia si investe 100 volte di più in auto che in bici: nel 2021 a fronte dei 98 miliardi di euro di stanziamenti per l’auto, tra ecobonus e investimenti in infrastrutture stradali, per la ciclabilità si è speso poco più di 1 miliardo. Non stupisce che le grandi capitali su due ruote, come Helsinki, Amsterdam e Copenaghen, abbiano 15/20 chilometri di ciclabili ogni 10 mila abitanti, mentre in Italia andiamo dagli 0 km di molti capoluoghi del Centro-Sud, ai 12-15 km di Modena, Ferrara e Reggio Emilia. Milano è ferma a 2 km».