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Le disuguaglianze economiche si misurano anche con il cellulare

Uno studio dell'Università Bicocca correla l'inizio dell'utilizzo dei telefonini tra i bambini al benessere sociale ed economico delle famiglie: tra i meno abbienti si parte dalla terza elementare, invece chi può non lo consegna fino alle medie

di Luca FOSSATI

13 Dicembre 2023
Foto di charlesdeluvio su Unsplash

Quando i bambini possono cominciare ad avere un telefono? Alla domanda ha cercato di rispondere il professor Marco Gui, docente del dipartimento di Sociologia e ricerca sociale dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, nell’indagine condotta e promossa assieme a Comune, Ats, Ufficio scolastico provinciale, Società italiana delle cure primarie pediatriche, Garante dei diritti per l’infanzia e l’adolescenza, Corecom Lombardia e associazioni di genitori come «Aspettando lo smartphone».

La ricerca nasce con l’intento di sviluppare per la prima volta un patto digitale per la città, e i primi risultati indicano come la data del primo smartphone sia in parte influenzata dal benessere sociale ed economico delle famiglie. Se tra le più agiate il momento è ritardato fino al periodo delle scuole medie, nei nuclei meno abbienti la consegna avviene già nel corso della terza elementare, a 8 anni, e spesso è giustificata dall’assenza di alternative. La mancanza di attività pomeridiane anche all’aperto come lo sport obbligano i giovanissimi a spendere le giornate online. Ciò influisce anche sul numero di ore trascorso sugli schermi dai bambini, lasciati soli con gli smartphone anche per intere giornate.

Episodi che potrebbero essere limitati grazie ad accorgimenti digitali, come per esempio riduzioni degli orari di accesso oppure parental control, che permettono di negare l’accesso a determinati siti. Purtroppo anche la conoscenza di questi supporti è limitata solo a chi ha consapevolezza dei rischi che possono circolare, come in ogni contesto, anche su internet. Minacce che però, come nei casi precedenti, sono comprese appieno solo da chi ha maggiori disponibilità economiche. 

Banalmente è la stessa scuola a chiedere l’utilizzo di apparecchi digitali. Michele Ferri, coordinatore dei servizi dell’associazione «Passo dopo passo… Insieme», ritiene che «molte famiglie sfruttino il cellulare come strumento di accudimento. Nel lungo periodo questo trend limita però la lettura o l’interazione tra genitori e figli».

Questa dimensione secondo Ferri è solo uno degli specchi dei problemi derivanti dall’utilizzo del telefono. È scorretto però demonizzare una tecnologia che ha cambiato innanzitutto lo stesso mercato del lavoro. La natura del problema consisterebbe nella consapevolezza degli strumenti. «Senza entrare nel tema delle distinzioni di classi sociali – spiega Ferri -, è comunque necessario un ampio progetto di formazione: chi vedo oggi nascere e crescere nelle generazioni digitali può fruire di molti strumenti, ma non ha le conoscenze per maneggiarli. Questo vale però anche nelle maniere, spesso superficiali. Occorre invece una comprensione di uno strumento pieno di potenzialità. Ci è capitato di realizzare un laboratorio con i ragazzi delle scuole medie sul gaming con un sociologo e un ludologo: il risultato è che non sanno usare questi giochi. C’è una fruizione superficiale».