«Lo sgombero è una sconfitta per tutti». Luciano Gualzetti, vicedirettore della Caritas ambrosiana, commenta così la maxioperazione che questa mattina ha coinvolto circa 200 agenti – coordinata dalla Polizia di Stato in collaborazione con la Polizia locale, il 118 e la Protezione civile – nei due campi rom attigui al quartiere Musocco-Certosa, a nord della città. I rom – oltre 600 persone, di cui 300 minori, quasi tutti romeni più una cinquantina di nordafricani – si erano insediati nell’ex stabilimento di Italmondo. Sul posto anche operatori sociali del Comune e gli assessori alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino e alla sicurezza Marco Granelli, oltre a funzionari del consolato romeno.
«Si era proposto alla Prefettura di soprassedere allo sgombero, di non procedere – sottolinea Gualzetti – perché non provocava altro che la dispersione sul territorio delle persone. Però non siamo stati ascoltati. Adesso non è possibile trovare una soluzione immediata».
La presenza di campi di questa dimensione impediscono infatti di affrontare con efficacia un problema di per sé complesso. Innanzitutto per dare dignità ai rom, adulti, ma soprattutto bambini, costretti a vivere in veri e propri tuguri, favelas maleodoranti nella città. E per dare respiro agli abitanti: «Si libera certamente un quartiere esasperato da questa presenza, e non gli si può dare torto – afferma Gualzetti -. Il punto è non arrivare lì: perché se c’è un centro con oltre 600 persone vuol dire che si è costruito nel tempo. Questi problemi sono grandi, di difficile gestione e soluzione, nessuno ha la bacchetta magica e quindi vanno gestiti quotidianamente, senza lasciarli andare fino ad assumere dimensioni di questo tipo, perché poi diventano ingestibili se non con interventi di rottura come questi».
In concreto cosa vuol dire? «Vuol dire tenere la situazione sotto controllo, entrare nei campi con operatori qualificati che fanno un censimento, valutando situazione per situazione quale può essere l’alternativa. È chiaro che vi sono spese, ma si spende di più quando si deve sgomberare piuttosto che accogliere».
Perché l’effetto degli sgomberi non fa altro che spostare il problema da una zona a un’altra. Molti infatti di coloro che “abitavano” il campo di Certosa provenivano da altri insediamenti smantellati in passato.
Il Comune ha offerto alle famiglie con bambini la possibilità di una permanenza temporanea nei centri di via Lombroso e di via Barzaghi e la maggior parte ha accettato.
Anche Gualzetti non si tira indietro e offre il contributo della Caritas per affrontare l’emergenza: «Massima disponibilità a collaborare, però con questo stile di partecipazione e di accompagnamento che deve essere quotidiano, che prevede tempi lunghi, che non può sopportare queste accelerazioni che poi rischiano di far tornare indietro o di esasperare le situazioni che sono di difficile gestione. L’esperienza che abbiamo fatto in questi anni ci ha insegnato molto».
In concreto Caritas Ambrosiana per conto del Comune, attraverso il consorzio Farsi Prossimo, è la capofila dell’associazione temporanea di impresa (composta da padri Somaschi, Casa della carità e Cooperativa Intrecci) che gestisce il Centro di Emergenza Sociale di via Lombroso, che con quelli di via Barzaghi e Novara accoglie le famiglie rom. Inoltre segue i bambini rom nei doposcuola gestiti dalle Caritas presenti in quel territorio. Con assemblee periodiche nel quartiere fa opera di mediazione sociale: da quando è iniziata questa azione non si sono più verificati episodi di intolleranza che c’erano stati invece in passato. Inoltre, con risorse proprie, Caritas segue le 100 persone rimaste ancora nel campo di via Novara in via di smantellamento. Accompagna ancora oggi 10 famiglie fuoriuscite da quel campo e ospitate negli appartamenti affidati dal Comune.
«Siamo sempre stati disponibili a dialogare, e a partecipare alla costruzione di soluzioni. Lo sgombero di oggi è una sconfitta per tutti – conclude Gualzetti -. Speriamo che ci insegni a collaborare di più, mantenendo e incrementando i tavoli di confronto su queste vicende».