Idee visionarie, teorie uniche in grado di fare luce su aspetti chiave del morbo di Alzheimer, fornendo nuove chiavi di lettura per individuarne le cause. Questo il senso del Premio Oskar Fischer, il più prestigioso concorso internazionale (con un budget di ben 4 milioni di dollari) promosso dal San Antonio College of Sciences (Utsa) e aperto alle menti più brillanti del pianeta, chiamate a una revisione completa della letteratura per sintetizzare in un’unica spiegazione la genesi della malattia che colpisce oggi milioni di persone in tutto il mondo.
Tra i dieci vincitori (categoria Gold Prize, la più importante, con un premio di 500 mila dollari) c’è il dottor Carlo Abbate, neuropsicologo clinico e ricercatore dell’Irccs Fondazione Don Gnocchi, in servizio da una ventina d’anni all’Istituto Palazzolo-Don Gnocchi di Milano. L’attività di ricerca scientifica e innovazione tecnologica è da sempre componente costitutiva della Fondazione, riconosciuta Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Studi e ricerche per la diagnosi precoce e il monitoraggio di patologie neurodegenerative complesse sono uno dei filoni di attività dei ricercatori “Don Gnocchi”, insieme alla messa a punto di innovativi modelli di riabilitazione per rallentare il percorso degenerativo delle funzioni cognitive.
Diagnosi precoce e tempestiva
«Sono davvero felice e orgoglioso di questo riconoscimento, che corona il lavoro di molti anni in Fondazione, accanto alle persone con Alzheimer e alle loro famiglie – spiega il dottor Abbate -. Ogni anno somministro circa 400 valutazioni neuropsicologiche complete su pazienti con sospetto di deterioramento cognitivo. Nella pratica clinica, così come nella ricerca la mia attenzione si è concentrata sulla diagnosi precoce e tempestiva della demenza e sul metodo dei segni e sintomi in neuropsicologia. È un premio che spero contribuisca a testimoniare il livello di eccellenza nella ricerca scientifica raggiunto dalla “Fondazione Don Gnocchi” nel corso di questi ultimi anni».
L’idea del dottor Abbate – sottoposta a un rigoroso processo di valutazione da parte di un comitato interdisciplinare di scienziati di fama internazionale – è che il morbo di Alzheimer inizi nelle cellule staminali neurali nelle nicchie della neurogenesi negli adulti, il processo in cui si formano nuovi neuroni nel cervello.
Il Premio
L’Oskar Fischer Prize è stato lanciato alla fine del 2019 a seguito di un dono filantropico all’Utsa da parte dell’uomo d’affari texano James Truchard.
«Sono trascorsi 112 anni da quando Oskar Fischer e Alois Alzheimer pubblicarono le prime descrizioni della malattia – sono le parole di Truchard -. Nonostante un secolo e decine di miliardi di dollari spesi per la ricerca, non esiste ancora alcuna spiegazione definitiva sulle cause dell’Alzheimer. L’obiettivo di questo premio è di portare avanti idee che possano creare nuove basi per la ricerca futura».
Secondo l’Alzheimer’s Disease International, circa 55 milioni di persone in tutto il mondo vivono oggi con la demenza. Si prevede che tale popolazione aumenterà a 78 milioni entro il 2030. «Sono fiducioso che il lavoro di questi brillanti vincitori, insieme agli approcci interdisciplinari collaborativi della nostra università sulla salute del cervello – conclude Jenny Hsieh, direttore dell’Utsa Brain Health Consortium – porteranno a soluzioni rivoluzionarie per approfondire la comprensione di questa malattia e migliorare la salute umana».
Con il dottor Abbate, il Gold prize è andato a Estela Area-Gomez (Spagna), Bess Frost (Stati Uniti) e Ralph Nixon (Stati Uniti). Silver prize (400 mila dollari) a Bernd Moosmann (Germania) e Donald Weaver (Canada). Bronze prize (300 mila dollari) a Annelise E. Barron (Inghilterra), Gunnar K. Gouras (Svezia), John Varghese (Stati Uniti) e Russell Swerdlow (Stati Uniti).
La premiazione avverrà nel corso di una solenne cerimonia, in programma il 22 giugno all’Università del Texas.