Da Vatican News
La domanda di fede nella Generazione Z non è cessata, anzi, è «un fuoco che brucia sotto la cenere»: parola di don Claudio Burgio, un sacerdote che di ragazzi se ne intende, da anni accanto a quelli più difficili o forse solo più bisognosi di cure, come lo sono i reclusi nell’Istituto di pena minorile Beccaria di Milano di cui è cappellano. «Il rapporto con Dio per i giovani d’oggi è diverso da quello delle generazioni precedenti – racconta ai media vaticani -: è molto meno formale e convenzionale e più personale, spesso critico verso le istituzioni e la tradizione, ma comunque c’è ed è per questo che abbiamo bisogno di un approccio diverso con questi ragazzi».
Dal momento che anche tra i detenuti più giovani la percentuale di stranieri, soprattutto provenienti da Paesi di religione islamica, sta crescendo enormemente, don Burgio si è fatto portavoce di una richiesta originale: essere affiancato da un imam nella cura spirituale di questi ragazzi. «Il carcere deve essere educativo e non punitivo, l’educazione passa anche per la cura della spiritualità – spiega -. Bisogna dare a tutti una possibilità di formazione nella vita e formazione anche da un punto di vista religioso». I giovani musulmani dell’Ipm hanno accolto felicemente la notizia: «Sono desiderosi di conoscere questa figura quando arriverà e di portare avanti insieme un discorso formativo e di preghiera. È un modo per convivere e spero diventi anche un modo per spegnere i momenti di fatica e conflittualità che inevitabilmente in carcere si presentano».
Il dialogo interreligioso nella Pastorale penitenziaria
Alla richiesta del cappellano del Beccaria hanno aderito anche il Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Milano e l’Arcidiocesi che si è adoperata per cercare una persona da affiancargli per i giovani musulmani: «Viviamo in un tempo in cui il dialogo interreligioso è una prospettiva importante – prosegue don Claudio -. Con la persona che lavorerà con me spero di intraprendere una proficua collaborazione e uno sguardo comune nel rispetto delle differenze che ci sono tra di noi e che sono un valore e una ricchezza».
Una proposta, quella del cappellano milanese, che dimostra quanto sia vivo il dialogo interreligioso tanto caro a papa Francesco all’interno della Chiesa: «Nel campo della Pastorale carceraria siamo un po’ indietro, ma è importante avviare questo dialogo – conclude -. Ci sono diverse esperienze in alcuni istituti italiani, ma non è ancora una prassi consolidata, speriamo lo diventi al più presto».