Nell’era biomediatica «l’individuo si specchia nei media (ne è il contenuto) creati dall’individuo stesso (che ne è anche il produttore)». “I media siamo noi: l’inizio dell’era biomediatica” è il titolo della decima edizione del Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, presentato ieri a Roma.
“Il notevole sviluppo di Internet”, “l’evoluzione della rete dell’ultimo decennio nella declinazione del web 2.0”, “la crescita esponenziale dei social network”, con la “miniaturizzazione dei dispositivi hardware” e la “proliferazione delle connessioni mobili”, sono “i fattori che tutti insieme hanno esaltato la primazia del soggetto”. Secondo il Rapporto, «la caratteristica che meglio contraddistingue l’evoluzione dell’habitat mediatico nell’era digitale è la progressiva integrazione dei diversi strumenti di comunicazione. Grazie alla diffusione di device sempre più piccoli e mobili e al successo dei social network, questa integrazione è ormai compiuta». Nell’“era biomediatica” diventano «centrali la trascrizione virtuale e la condivisione telematica delle biografie personali».
I consumi mediatici
I dati sull’andamento dei consumi mediatici nel 2012 confermano che gli unici mezzi che incrementano la loro utenza sono quelli che integrano le funzioni dei vecchi media nell’ambiente di Internet, come gli smartphone e i tablet. La televisione continua ad avere un pubblico di telespettatori che coincide con la totalità della popolazione (il 98,3%), ma un quarto degli italiani collegati a Internet (24,2%) ha l’abitudine di guardare i programmi dai siti web delle emittenti televisive e il 42,4% li cerca su YouTube per costruirsi i propri palinsesti su misura. Come la televisione, anche la radio resta un mezzo a larghissima diffusione di massa (l’ascolta l’83,9% della popolazione). I telefoni cellulari (utilizzati ormai da 8 italiani su 10) aumentano ancora la loro utenza complessiva (+2,3%), anche grazie agli smartphone, la cui diffusione è passata tra il 2009 e il 2012 dal 15% al 27,7% della popolazione e oggi si trovano tra le mani di più della metà dei giovani di 14-29 anni (54,8%).
Il successo della rete
La penetrazione di Internet ha guadagnato 9 punti percentuali nell’ultimo anno, con un’utenza che si attesta al 62,1% degli italiani. Il dato sale nettamente nel caso dei giovani (90,8%), delle persone più istruite, diplomate o laureate (84,1%), e dei residenti delle grandi città, con più di 500.000 abitanti (74,4%). E continua la forte diffusione dei social network, con una tendenziale sovrapposizione tra Internet e Facebook: sono iscritti a Facebook due terzi delle persone che hanno accesso a Internet. Al tempo stesso, prosegue l’emorragia di lettori della carta stampata: i lettori di quotidiani (-2,3% tra il 2011 e il 2012) sono oggi solo il 45,5%; al contrario, i quotidiani on line contano il 2,1% di lettori in più rispetto allo scorso anno, arrivando a un’utenza del 20,3%. Perdono lettori anche la free press, che si attesta al 25,7% di utenza (-11,8%), i settimanali (-1%) e l’editoria libraria (-6,5%).
Meno teledipendenti, più digitali, ma senza stampa
È la “dieta mediatica” degli italiani, ossia il sistema di relazioni e interazioni che si determinano in ciascun soggetto in base alla sua capacità di orientarsi nel mondo, non solo grazie all’impiego di un numero più o meno ampio di media, ma anche in base alla qualità intrinseca dei mezzi di comunicazione usati in prevalenza. Le persone con diete basate solo su media audiovisivi (tv e radio) sono il 25,2%, mentre gli italiani con diete aperte a Internet sono il 55,5%. Tra i giovani (14-29 anni) solo il 7% si orienta su una dieta mediatica basata essenzialmente sugli audiovisivi, così come il 9,7% dei soggetti più istruiti (diplomati e laureati). Emerge, però, un dato preoccupante: nel 2006 le persone estranee ai mezzi a stampa rappresentavano il 33,9% della popolazione, nel 2012 sono diventate il 45,5%. Non sente il bisogno di leggere libri e giornali il 36% dei giovani tra i 14 e i 29 anni, che navigano in Internet, e il 31,9% dei soggetti più istruiti.
Privacy e pubblicità
Dato che il contenuto mediatico siamo noi stessi e le nostre vite private, «uno degli effetti più controversi dell’attuale fase della rivoluzione digitale è l’impatto sulla tutela della riservatezza e la protezione dei dati sensibili», ma «la gran parte degli utenti di Internet tollera di buon grado l’indiscrezione deisocial network basata sull’autoesposizione». I timori per i rischi di violazione della privacy riguardano invece «la possibile ingerenza esterna da parte di soggetti di mercato». Le preoccupazioni si appuntano, in particolare, «sulla memorizzazione delle parole inserite nei motori di ricerca, sulla tracciatura dei percorsi di navigazione, sulla profilazione degli utenti a scopi commerciali». Infatti, negli ultimi tempi «Internet ha cominciato ad assumere un ruolo importante anche nel mercato dell’advertising», essendo «l’unico mezzo ad aver incrementato il volume della raccolta pubblicitaria, peraltro con una variazione a due cifre percentuali: +12,3% nel 2011 rispetto all’anno precedente, arrivando a 636 milioni di euro». Dalla ricerca emerge «una grande efficacia della pubblicità veicolata da Internet misurabile in termini di capacità di influenzare le scelte dei consumatori».