È un personaggio “scomodo”, non solo nel suo Paese, da cui denuncia le atrocità della “pulizia etnica”, ma anche in Italia, dove qualche giorno fa, alla stazione di Bologna, è stata avvicinata da un uomo ruandese che l’ha minacciata di morte. A esprimerle tutta la solidarietà e l’apprezzamento per l’importanza di quello che sta portando avanti è stato l’arcivescovo Angelo Scola.
Lei è Solange Lusiku Nsimire, 42 anni, giornalista, direttore ed editrice di Le Souverain, unica pubblicazione di Bukavu, capitale della provincia del Sud Kivu, regione congolese al confine con il Rwanda e il Burundi, arrivata in Italia pochi giorni fa per ritirare il riconoscimento assegnatole dalla Fondazione Unicredit nell’ambito del premio “Ilaria Alpi”. Il suo curriculum è un lungo elenco di titoli: presidente dell’Unione nazionale della stampa (sezione di Bukavu/Sud Kivu), vicepresidente dell’Unione nazionale della stampa della Repubblica democratica del Congo, laurea honoris causa all’Università di Lovanio in Belgio, premioFemme de Courage 2013dell’Ambasciata Usa a Kinshasa, membro del Consiglio di amministrazione dell’Università Cattolica di Bukabu. Eppure, nonostante le posizioni che ricopre, Solange, mamma di sette ragazzi (dai 17 ai 4 anni, di cui uno adottivo), è costantemente nell’occhio del mirino.
Solange è abituata a convivere con paura e minacce per il suo lavoro. L’“accusa”nei suoi confronti sarebbe quella di aver detto chiaro e tondo che il Rwanda è il vero artefice della terribile situazione nell’est del Congo, che dal 1994 ha provocato quasi otto milioni di morti e centinaia di migliaia di stupri e violenze tipiche di quella che viene definita “pulizia etnica”, oltre ad aver attaccato il governatore del Sud Kivu, Marcellin Cishambo. Solange non si dà per vinta e per difendere la libertà di stampa continua a stampare il suo giornale, mettendo a rischio la sua vita arrivando fino a Bujumbura, capitale del Burundi, perché in tutta la regione non esiste una tipografia. Solange è stata minacciata di morte prima da esponenti del governo locale e ultimamente da lettere e telefonate anonime giunte nella sua abitazione.
«Nel Sud Kivu – spiega la giornalista africana – ci sono per la stampa due tipi di problemi: la proprietà dei media e il contesto di povertà e insicurezza che deriva dal fatto che negli ultimi quattro anni sono stati uccisi tre giornalisti e un difensore dei diritti umani. Il Congo è diventato terreno di guerra, ma le donne sono campo di battaglia, sono violentate davanti a mariti e figli, ci sono state donne incinta che sono state sventrate».
A Bologna la donna è stata riconosciuta da un connazionale: «Se non la smetti di parlare ti facciamo fuori». Nonostante questo, Solange è rientrata in Congo per continuare a denunciare quello che accade. «La situazione è estremamente instabile. Ci sono ancora gruppi armati che imperversano e seminano morte. Abbiamo un’aspettativa di vita di 24 ore rinnovabili. La situazione è tale che chiunque può prendere in mano un fucile e ammazzarti. In questo momento ci sono agitazioni e manifestazioni di piazza contro il tentativo dell’attuale presidente Joseph Kabila di modificare la Costituzione per essere ottenere un terzo mandato elettorale. Una cosa antidemocratica e del tutto inaccettabile. Io trovo la forza di resistere e di continuare un lavoro in cui credo. E poi credo molto in Dio e confido nella sua protezione».