«Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale». È il tema scelto dal Papa per la 45ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. A spiegare la scelta di Benedetto XVI una nota di presentazione del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali (Pccs) in cui si legge, tra l’altro, che «la verità resta l’immutabile faro d’approdo anche per i new-media e, anzi, l’era digitale, allargando i confini dell’informazione e della conoscenza, può rendere idealmente più vicino ciò che rappresenta il più importante degli obiettivi per chiunque operi nel mondo dei media». In che modo? L’abbiamo chiesto al segretario del dicastero vaticano, monsignor Paul Tighe.
Il tema della Giornata si pone in continuità con quelli degli ultimi anni. Può spiegare il senso di questa scelta?
Credo che la scansione stessa di questo tema ponga di fronte all’essenziale del mondo della comunicazione; quella tradizionale e tutta l’altra connotata dalla dimensione digitale. La verità è l’obiettivo primario e comune che, come un “ponte di valori”, assicura e si fa garante non solo di un passaggio tecnico ma di un nuovo modo di relazionarsi. Senza l’apporto della verità il salto tecnologico non avrebbe altro valore se non quello di una semplice modifica, per quanto significativa. L’era digitale, di per sé, non comporta nessun cambio d’orizzonte rispetto ai valori in gioco; semmai pone in risalto l’elemento di un’autenticità di vita che rappresenta, in qualche modo, la verifica di un sincero atteggiamento personale verso la ricerca della verità.
Quali prospettive per educare a una comunicazione al servizio della verità?
Nella ricerca della verità, da parte dei media, non esistono prospettive nuove: le vie non cambiano. Mutano i “mezzi” per percorrerle. Oggi sono certamente più agevoli e infinitamente più veloci. Una comunicazione al servizio della verità mette in campo, al massimo livello, tutti i propri valori: la vocazione al dialogo, il rispetto della persona, il desiderio, innato in ogni uomo, di allargare le conoscenze. Ma non basta: questa ricerca porta scarsi frutti se non riesce a dare il giusto rilievo (e ciò vale soprattutto per gli operatori cattolici) al dato della competenza e della professionalità. «Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale». È il tema scelto dal Papa per la 45ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. A spiegare la scelta di Benedetto XVI una nota di presentazione del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali (Pccs) in cui si legge, tra l’altro, che «la verità resta l’immutabile faro d’approdo anche per i new-media e, anzi, l’era digitale, allargando i confini dell’informazione e della conoscenza, può rendere idealmente più vicino ciò che rappresenta il più importante degli obiettivi per chiunque operi nel mondo dei media». In che modo? L’abbiamo chiesto al segretario del dicastero vaticano, monsignor Paul Tighe.Il tema della Giornata si pone in continuità con quelli degli ultimi anni. Può spiegare il senso di questa scelta?Credo che la scansione stessa di questo tema ponga di fronte all’essenziale del mondo della comunicazione; quella tradizionale e tutta l’altra connotata dalla dimensione digitale. La verità è l’obiettivo primario e comune che, come un “ponte di valori”, assicura e si fa garante non solo di un passaggio tecnico ma di un nuovo modo di relazionarsi. Senza l’apporto della verità il salto tecnologico non avrebbe altro valore se non quello di una semplice modifica, per quanto significativa. L’era digitale, di per sé, non comporta nessun cambio d’orizzonte rispetto ai valori in gioco; semmai pone in risalto l’elemento di un’autenticità di vita che rappresenta, in qualche modo, la verifica di un sincero atteggiamento personale verso la ricerca della verità.Quali prospettive per educare a una comunicazione al servizio della verità?Nella ricerca della verità, da parte dei media, non esistono prospettive nuove: le vie non cambiano. Mutano i “mezzi” per percorrerle. Oggi sono certamente più agevoli e infinitamente più veloci. Una comunicazione al servizio della verità mette in campo, al massimo livello, tutti i propri valori: la vocazione al dialogo, il rispetto della persona, il desiderio, innato in ogni uomo, di allargare le conoscenze. Ma non basta: questa ricerca porta scarsi frutti se non riesce a dare il giusto rilievo (e ciò vale soprattutto per gli operatori cattolici) al dato della competenza e della professionalità.