di Vittorio CHIARI
Avevo invitato i ragazzi a raccontare una storia di Natale, meglio ancora, ad inventarne una da drammatizzare. Non ci fu una grande gara tra loro ma qualcuno ha accettato l’invito e tra i vari racconti, venne drammatizzato e pubblicato quello del ragazzo “più antipatico” della classe. Per i suoi modi di fare, supponenti ed escludenti, nessuno voleva mettere in scena la sua storia, anche se aveva vinto la gara.
Ho chiamato a parte il vincitore, ho spiegato quello che stava avvenendo: “Devi conquistarti i tuoi compagni… Cerca di renderti amabile!”. E’ andato oltre: davanti a tutti in classe, ha chiesto scusa e li ha invitati a lavorare insieme: “La mia storia è un richiamo agli adulti che non vogliono stare con i ragazzi, come mio papà, tuo papà, i nostri papà”.
La cosa funzionò ed ecco in sintesi la storia, drammatizzata e rappresentata anni fa al Festival di teatro per la scuola di Grado. E’ l’augurio di Natale dei “barabitt”, ragazzi in gamba con un vissuto sofferto, ma anche con il coraggio di ricominciare da capo una vita, che non ha riservato loro grandi fortune.
«Non brillavano le stelle sul paese in Bianco e Nero. Si rifiutavano di farlo perché i ragazzi, e le ragazze erano troppo vivaci ma un cielo senza stelle è un cielo senza speranza.
Una stella, la più piccola della Via Lattea, disse al Capo del firmamento: “Se vuoi, scendo io da quei ragazzi. Conosco i loro problemi, le loro sofferenze, avendoli condivisi. Mia mamma se n’è andata dal pianeta per diventare una stella di Cinecittà. So cosa vuol dire rimanere da soli, non appartenere più a nessuno!”. “Va’, Stellina, ma attenta: se la missione fallisse, il tuo cuore diventerà di pietra”.
Scese Stellina nello strano paese in Bianco e Nero e cominciò a stare con i ragazzi, ad ascoltarli e giocare con loro, conquistandone la simpatia e il cuore. “Se tu brilli nel nostro cielo, quando stiamo per commettere qualche sbaglio,qualche litigio, noi ti guardiamo e facciamo la pace, ricordando che tu sei venuta tra noi per aiutarci a crescere ragazzi e ragazze in gamba, capaci di stare al mondo!”.
Così accadde e i litigi diminuirono, anche le botte e i gesti da bulli, i furti e le assenze da scuola: bastava guardare la Stella nell’azzurro del cielo. Così, nella festa di San Lorenzo, festa delle stelle, il Capo del firmamento le assegnò la “coda al merito” e Stellina diventò la stella cometa del Natale al paese in Bianco e Nero».
Tutto qui, ma la rappresentazione aveva toccato momenti di allegria e di commozione, con gli adulti che avevano capito molto bene la parabola: non possiamo lasciare soli i ragazzi e le ragazze, fare finta di niente, giudicarli e non ascoltarli. Nessun mercante può dare loro gioia, essere punto di riferimento nelle difficoltà.
Ci vogliono educatori forti e sapienti della sapienza del cuore di Dio, pazienti e tenaci nel seminare, senza attendere risultati subito, consapevoli che il bene non va mai perso.
Chi vuol ottenere tutto e subito corre il rischio di rendere di pietra il loro cuore! Se si mantiene viva la speranza, prima o poi, la pianta gemma e prende vita, non solo a primavera. Nell’educazione, nessuna stagione è inutile! Non è proibito all’educatore, genitore o animatore o insegnante, di sognare in grande: cosa potranno diventare questi ragazzi e ragazze se li guardiamo in positivo, se li incoraggiamo, se crediamo nelle loro capacità di cambiare, di ricominciare da capo? La loro capacità di vivere insieme, bianchi e neri e gialli…?
E’ tutta una questione d’amore! Amore a Cristo rivelato nel volto dei ragazzi e dei giovani che si fanno incontro a noi o che noi ritroviamo anche fuori da casa, dal Tempio o dall’oratorio. Scrive il grande Von Balthasar: “Il cristiano ama Dio attraverso il suo fratello in umanità.
L’atteggiamento di Cristo va sempre assolutamente in questa direzione. L’uomo contemporaneo ha dunque questa via maestra che lo deve guidare nella ricerca di Dio”.
Se il cielo dei ragazzi si riempie di stelle, con o senza coda, significa che l’adulto ha ritrovato la voglia di educare e di stare con loro: è il Natale di speranza invocato nel continente giovanile.
I nostri ragazzi hanno bisogno di adulti che credono, nonostante i dubbi che sorgono di fronte al grande mistero della Vita e di Dio: “Dubitare e credere sono la stessa cosa. Solo l’indifferenza è atea”, dice Claudia a Pilato nel romanzo di Emmanuel Schmitt.
E’ drammatico vivere da educatori indifferenti!