La ripetitività è una delle caratteristiche più evidenti del sistema della comunicazione (e del consumo) globalizzato. La smentita, recita un vecchio adagio della professione giornalistica, è una notizia data due volte. Oggi la ripetitività è strutturale: una notizia ripetuta continuamente e intensamente per un periodo breve, nella percezione del singolo utente, genera fatti molteplici. Così un omicidio, riproposto dagli angoli visuali più diversi, diventa tanti omicidi, generando un evidente effetto nell’opinione pubblica, un effetto a un tempo di ansia e di banalizzazione. Se poi aggiungiamo alla cronaca (nera) la fiction, la dieta mediatica quotidiana di grandi e piccini sovrabbonda di «un male raccontato, ripetuto, amplificato». Lo ha ricordato l’8 dicembre, con grande semplicità, il Papa, nel suo discorso dell’Immacolata. L’analisi di Benedetto XVI è stata breve e intensa, mettendo in luce un effetto di assuefazione, per cui «il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono».
Che fare allora? Nessun anatema, nessuna censura. Piuttosto un appello (implicito) alla responsabilità, alla consapevolezza, all’educazione. E una risposta più radicale. Serve la “bella notizia”. Che non è buonismo o moralismo di maniera: la comunicazione ha le sue leggi tecniche. La «bella notizia è Maria che ripete agli uomini e alle donne del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio».
È un appello alla realtà. Ed è questa in fondo la caratteristica del cristiano nella moderna “città”, nel vortice di tanti meccanismi disumanizzanti, in un grande frullatore che rende tutto precario, frammentario.
Ritorna l’appello che Benedetto XVI ha ripetuto in diversi contesti, a tenere conto, nel mondo di oggi, per muoversi nella società di oggi, non solo dell’ecologia ambientale, ma anche di quella umana. È la certezza serena, da vivere quotidianamente, conoscendo bene i meccanismi, della “bella notizia”, ascoltata, vissuta, testimoniata, messa in pratica: «Non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società». Una serenità che diventa vita vissuta. La ripetitività è una delle caratteristiche più evidenti del sistema della comunicazione (e del consumo) globalizzato. La smentita, recita un vecchio adagio della professione giornalistica, è una notizia data due volte. Oggi la ripetitività è strutturale: una notizia ripetuta continuamente e intensamente per un periodo breve, nella percezione del singolo utente, genera fatti molteplici. Così un omicidio, riproposto dagli angoli visuali più diversi, diventa tanti omicidi, generando un evidente effetto nell’opinione pubblica, un effetto a un tempo di ansia e di banalizzazione. Se poi aggiungiamo alla cronaca (nera) la fiction, la dieta mediatica quotidiana di grandi e piccini sovrabbonda di «un male raccontato, ripetuto, amplificato». Lo ha ricordato l’8 dicembre, con grande semplicità, il Papa, nel suo discorso dell’Immacolata. L’analisi di Benedetto XVI è stata breve e intensa, mettendo in luce un effetto di assuefazione, per cui «il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono».Che fare allora? Nessun anatema, nessuna censura. Piuttosto un appello (implicito) alla responsabilità, alla consapevolezza, all’educazione. E una risposta più radicale. Serve la “bella notizia”. Che non è buonismo o moralismo di maniera: la comunicazione ha le sue leggi tecniche. La «bella notizia è Maria che ripete agli uomini e alle donne del nostro tempo: non abbiate paura, Gesù ha vinto il male; l’ha vinto alla radice, liberandoci dal suo dominio».È un appello alla realtà. Ed è questa in fondo la caratteristica del cristiano nella moderna “città”, nel vortice di tanti meccanismi disumanizzanti, in un grande frullatore che rende tutto precario, frammentario.Ritorna l’appello che Benedetto XVI ha ripetuto in diversi contesti, a tenere conto, nel mondo di oggi, per muoversi nella società di oggi, non solo dell’ecologia ambientale, ma anche di quella umana. È la certezza serena, da vivere quotidianamente, conoscendo bene i meccanismi, della “bella notizia”, ascoltata, vissuta, testimoniata, messa in pratica: «Non serve condannare, lamentarsi, recriminare, ma vale di più rispondere al male con il bene. Questo cambia le cose; o meglio, cambia le persone e, di conseguenza, migliora la società». Una serenità che diventa vita vissuta.
Comunicazione
Benedetto XVI: serve la “bella notizia”
Nelle parole del Papa una certezza serena