02.08.2008
di Vittorio CHIARI
Impressionante quello che dicono gli insegnanti ma confessano anche molti ragazzi “obbligati”, per legge dello Stato, a frequentare a scuola, che non considerano più luogo dove andare per raggiungere una meta professionale, per acquisire valori, uno stile personale e una capacità critica che li aiuti ad orientarsi nel cammino della vita.
Imparano a vivere più dai “blog”, passando con facilità, sconosciuta spesso ai genitori e agli insegnanti, dal “to be” al “to gogle” al “to blog”: dall’essere ad internet ai diari in rete, dove loro si sentono protagonisti.
Vanno a scuola come si va al Mc Donald, per condividere amicizie, per divertirsi, quando non lo è per filmare atti di bullismo e finire su You-tube! Lo studio è la preoccupazione minore: se si è bocciati, si può ripetere, i genitori ci tengono a non averli tra i piedi e loro a scuola si trovano bene, pur combinando niente di buono.
E quest’anno il numero dei bocciati e di studenti con debiti formativi, è più alto degli anni passati.
Al mio Centro di Formazione Professionale si sono presentati diciassettenni con due, tre ripetenze per iniziare un percorso che, ad andar bene, concluderebbero a 20 anni per avere una qualifica, che non è il massimo dei titoli di studio in Italia, anche se la formazione professionale si è rivelata uno dei mezzi più efficaci per chi vive in difficoltà i corsi di scuola superiore!
Non è raro il caso di chi arriva accompagnato dai genitori, pronti a scusare gli insuccessi precedenti! Numerosi poi i ragazzi che, posti di fronte al “patto educativo” della scuola, sono riluttanti a sottoscriverlo, meravigliandosi che si richieda loro impegno, rispetto, puntualità, che mai nessuno aveva chiesto loro prima in modo serio.
Ci si meraviglia dei ragazzi, ancor più dei genitori, che non sanno intervenire in modo autorevole, mettendo dei paletti, e chiamano il loro figlio – un giovanotto di 16, 17 anni, – “bambino” che ha bisogno di essere seguito, tanto bravo a casa, mentre a scuola è violento o indifferente perché i prof. non sono capaci di capirlo!
Bisognerebbe licenziarli tutti gli insegnanti, secondo un articolo provocatorio apparso su un quotidiano nazionale: «Il professore, ormai primeggia solo tra le professioni in declino… Poco rispettati dagli studenti, ma anche dai genitori, [sono considerati] responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole: Senza disciplina». Ma è davvero così?
Di fronte ai suicidi giovani, – seconda causa delle loro morti -, agli abusi di alcol, droga e pasticche, alla loro violenza devastatrice nella scuola – colpevoli anche ragazzini dai 12 ai 14 anni!-, ai tanti casi di bullismo, ai vari disturbi dell’alimentazione, gli adulti non possono tapparsi le orecchie e scaricare solo sulla scuola o sulla famiglia “i disastri” dei giovani!
I campanelli d’allarme ora sono rintocchi di campane, che suonano a morte, mentre risuonano festose, a distesa, quando i giovani invadono gli oratori per far giocare i bambini, o salgono su un treno o su un aereo per andare a portare aiuto a chi vive nella difficoltà o amano e stimano studio e cultura…
Benemeriti della società sono dunque quei preti d’oratorio che portano i loro giovani ad esperienze comunitarie in oratorio, a contatto dei poveri, nei quartieri di periferia delle città o in campi di lavoro, in terra di missione. Benemeriti pure gli insegnanti, appassionati all’insegnamento e all’educazione, che sanno innamorare i giovani allo studio.
Ma benemeriti soprattutto quei genitori che responsabilizzano i figli fin dai primi anni di vita, sapendo cogliere i segnali del disagio, senza rimandare interventi educativi e di cuore, che ridanno loro gioia e speranza.
Benemeriti, infine, tutti coloro che non rifiutano il rapporto “intrigante” con Dio, che permette ai giovani di cogliere la vita come dono, vocazione, missione, chiamata a non morire mai!