18/02/2008
di Filippo MAGNI
Le comunità parrocchiali vogliono comunicare in modo sempre più accurato. È per questo motivo che sabato 16 febbraio in 110 si sono riuniti in diocesi per il primo incontro della serie “Ieri bollettino parrocchiale, domani giornale della comunità”, organizzato dall’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali e rivolto ai responsabili dei giornali delle parrocchie milanesi.
Accolti dal saluto del cardinale Tettamanzi, i partecipanti hanno ascoltato le relazioni di don Luca Bressan e del prof. Marco Deriu, esperti di comunicazione che hanno delineato il panorama della comunicazione attuale e il ruolo dei “Giornali della comunità” in questo panorama.
don Luca Bressan, docente di teologia pastorale
IL PERCHÉ, COSA, COME DELLA COMUNICAZIONE CRISTIANA
Perché le parrocchie devono preoccuparsi della comunicazione? Perché questa, nel cristianesimo, e’ una necessità teologica: noi conosciamo Dio, il suo volto, il suo amore per noi annunciandolo, comunicandolo. Ma la comunicazione è anche una necessità antropologica: scopriamo le nostre identità raccontandoci, creando una relazione linguistica tra le azioni che poniamo in atto.
La Chiesa stessa è frutto della comunicazione , “fa cose con le parole”, così si fa istituzione (ekklesia cioè comunità dei convocati), svolge il suo compito fondamentale (evangelizzare, annunciare), lavora alla trasformazione del mondo (dalla solitudine alla comunicazione della Salvezza).
Dunque cosa comunicare? Contenuto primo della comunicazione è la Parola di Dio, che va però raccontata dentro le parole degli uomini. Alla Chiesa e alle sue istituzioni spetta un compito di inserzione, condivisione di queste parole, delle attese, delle speranze, delle fatiche di cui sono portatrici.
Le parrocchie in realtà comunicano già più di quanto sembri. Come? Mediante registri liturgici, logici, narrativi, a livello quotidiano, ma anche con la solennità della festa. Le dinamiche della comunicazione consistono dunque in un continuo processo di trasfigurazione della propria identità, diventando luogo di visibilità del cammino di fede.
Marco Deriu, docente dell’Università Cattolica di Milano
DA BOLLETTINO PARROCCHIALE A GIORNALE DELLA COMUNITÀ
La differenza tra bollettino e giornale non è solo nei contenuti o nel formato, ma parte dalle finalità del progetto pastorale e di comunicazione che ne guida la realizzazione. Dunque cosa comunicare con il Giornale della comunità? Sociologi ed esperti di psicologia (ma anche di marketing) definiscono i nostri tempi come “età dell’incertezza”, dal punto di vista economico, produttivo, sociale, culturale, relazionale. L’uomo, ripiegato su se stesso, sembra in balia della rivoluzione culturale, più che esserne protagonista.
E’ in questo clima di valori fragili che le persone vivono in attesa, in ricerca, atteggiamenti che a volte sfociano in forme di spiritualità superficiali. L’emergere di questa nuova sensibilità può essere il punto di partenza per una proposta che non venda i massimi sistemi, ma che richiami l’attenzione su singoli elementi minimali, ma essenziali. Questa attenzione al cammino di ricerca dell’uomo contemporaneo non implica certo la rinuncia allo specifico cristiano, anzi ne impone una valorizzazione ulteriore. E’ richiesto lo sforzo di porsi in ascolto della cultura di questo tempo, per comprenderne le caratteristiche e dunque le potenzialità.
Diventa indispensabile dunque dire perché “conviene” essere cristiani. Attraverso un giornale della comunità che agisca secondo una logica pastorale e culturale. Pastorale in quanto accompagna e rafforza l’annuncio della Buona notizia da parte dei sacerdoti, culturale per sollecitare e ampliare gli orizzonti delle persone a partire da un preciso punto di vista. E’ necessario che il giornale sia espressione dell’insieme della comunità, deve permettere e favorire una dimensione di comunicazione a livello locale per offrire elementi di discernimento utili a leggere il mondo alla luce dei valori cristiani.
In conclusione la sfida difficile, ma appassionante in questo panorama, è di parlare un linguaggio adeguato tanto a chi conosce e pratica la vita della comunità cristiana, quanto a chi vede la vita della Chiesa dal di fuori. Con la capacità di scegliere il registro espressivo più adatto a ciascun contenuto.