27/05/2008
di Elena SACCOMANI
Nel cuore della Maremma toscana, sulla statale che da Siena porta a Grosseto, c’è una collina sulla quale “vive” Nomadelfia, ovvero “la fraternità è legge”, quel “popolo nuovo” che, contro tutto e contro tutti, volle don Zeno Saltini, il sanguigno sacerdote emiliano nato a Fossoli di Carpi (Mo) il 30 agosto 1900 e morto nella “sua” Nomadelfia il 15 gennaio 1981. E la fiction che avremo l’occasione di vedere in due puntate su Rai Uno martedì 27 e mercoledì 28 maggio in prima serata, “Don Zeno. L’uomo di Nomadelfia”, con la regia di Gianluigi Calderone per Rai Fiction-Red Film di Mario Rossini, intende, appunto, raccontare la grande figura di quest’uomo che della sua vocazione religiosa ne fece un vero e proprio “mestiere” affrontandolo con tutto l’entusiasmo e la forza che da essa provenivano.
Un’altra volta ecco che ad interpretare questa complessa e difficile figura troviamo Giulio Scarpati, non nuovo a “scegliere” personaggi che siano lo specchio di una società che, forse, oggi stanno lentamente scomparendo, perché è difficile essere capiti ed accettati per la sola giustizia, il solo amore, il solo altruismo, mettendo in gioco anche se stessi – il recente monsignor Luigi Di Liegro, l’indimenticabile Rosario Livatino e Ezechiele Ramin, il padre Toni della fiction “La casa bruciata”, comboniano padovano trucidato in Amazzonia .
Proprio perché il racconto fosse quanto più possibile vicino alla realtà, la storia è stata girata, ad esclusione degli esterni del periodo bellico in Bulgaria, nei “veri” luoghi di Don Zeno: San Giacomo Roncole, Carpi, Modena, Mirandola, san Biagio in Padule e in parte a Nomadelfia stessa. Tutti i componenti della troupe sono stati “coinvolti” da questa figura fatta non solo di sogni utopici, ma tormentata, all’avanguardia, risoluto e grande comunicatore…
E soprattutto Scarpati, che non ha mai nascosto la “bontà” del sogno, èstato letteralmente “catturato” da questa «figura, fantastica, molto affascinante…un trascinatore di masse notevole » e «dalla sua utopia, la rincorsa di un’utopia, di un elemento che abbiamo totalmente dimenticato, il bene dell’utopia, scordandoci la “realtà” dei sogni e pensando che il cinico realismo di questi tempi che viviamo sia quello da prendere in considerazione. Invece secondo me una riflessione su queste utopie, sul bisogno di avere una comunità dove il denaro non conta nulla, dove la proprietà non esiste, dove ciascuno si guarda negli occhi è fondamentale. La comunità di Nomadelfia ci ha aiutato tantissimo: il loro entusiasmo è stato trasferito in tutti noi».