Novanta anni di radio, sessanta di televisione celebrati dalla Rai in Vaticano, udienza con Papa Francesco, 8 mila persone, familiari compresi. In prima fila il presidente della Rai Anna Maria Tarantola, il direttore generale Luigi Gubitosi, dirigenti e personale venuto dalle sedi presenti nel territorio. La Rai, ha detto il Papa, «è stata testimone dei processi di cambiamento della società italiana nelle sue rapide trasformazioni, e ha contribuito in maniera speciale al processo di unificazione linguistico-culturale dell’Italia».
I primi minuti dell’incontro sono tutti per le persone che si trovano ai lati del corridoio centrale dell’aula Paolo VI, mani che si tendono, volti che sorridono, che si rigano di lacrime di gioia. È la grande famiglia della Rai che si stringe attorno al Papa, dice la presidente con un po’ di emozione, come confessa a Francesco prima di iniziare il suo saluto. Rilanciare l’azienda «come vero servizio pubblico, fornendo informazioni corrette e variegate e programmi piacevoli, capaci di divertire in modo sobrio e equilibrato», afferma nel suo saluto. Parla di «etica nella e della comunicazione» e di «impegnativo e cruciale processo di cambiamento» come servizio pubblico e «punto di riferimento» che rappresenta tutti.
Il Papa ricorda alcune produzioni a carattere religioso, dal Francesco di Liliana Cavani agli Atti degli Apostoli di Rossellini, «quest’ultimo con la collaborazione di padre Carlo Maria Martini». Poi i temi al centro della riflessione: il valore e le esigenze del servizio pubblico, l’etica nella comunicazione. Il Papa ha voluto sottolineare come la qualità etica della comunicazione sia «frutto, in ultima analisi, di coscienze attente, non superficiali, sempre rispettose delle persone, sia di quelle che sono oggetto di informazione, sia dei destinatari del messaggio. Ciascuno, nel proprio ruolo e con la propria responsabilità, è chiamato a vigilare per tenere alto il livello etico della comunicazione, ed evitare quelle cose che fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione e la calunnia».
Alla mente tornano le parole del predecessore di Francesco nel suo discorso in piazza di Spagna, l’8 dicembre 2009, quando parlò di buona notizia: «Ogni giorno, infatti, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perché il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. Il cuore si indurisce e i pensieri si incupiscono».
Così Francesco ricorda: «La vostra professione, oltre che informativa, è formativa, è un servizio pubblico, cioè un servizio al bene comune. Un servizio alla verità, un servizio alla bontà e un servizio alla bellezza. Tutte le professionalità che fanno parte della Rai, dirigenti, giornalisti, artisti, impiegati, tecnici e maestranze sanno di appartenere a un’azienda che produce cultura ed educazione, che offre informazione e spettacolo, raggiungendo in ogni momento della giornata una gran parte di italiani. È una responsabilità a cui chi è titolare del servizio pubblico non può per nessun motivo abdicare».
Parla di collaborazione, Francesco, con la Radio Vaticana, con il Centro Televisivo Vaticano; parla di un ruolo che nel tempo la Rai ha svolto, portando nelle case degli italiani, la voce e la persona del Papa, gli avvenimenti della Chiesa, i viaggi dei Pontefici, il Giubileo, i funerali di Giovanni Paolo II, solo per ricordare alcuni momenti. Far memoria «di un passato ricco di conquiste – afferma il Papa – ci chiama a un rinnovato senso di responsabilità per l’oggi e per il domani. Il passato è la radice, la storia diventa radice di nuovi slanci, radice delle sfide presenti, e radici di un futuro, di un andare avanti. Che il futuro non ci trovi senza la responsabilità della nostra identità».
L’augurio di Francesco è quello di riuscire a trasmettere «fiducia e speranza», ponendosi sempre «al servizio della crescita umana, culturale e civile della società».