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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Editoria

I “giornali della gente” a rischio

I tagli ai contributi decisi dal Governo creano gravi difficoltà e mettono a repentaglio la stessa sopravvivenza di un centinaio di testate

a cura di Francesco ROSSI

28 Settembre 2011

Da sempre navigano nell’incertezza, con contributi pubblici in calo anno dopo anno, ma ora in gioco è la stessa sopravvivenza di un centinaio di testate che «all’inizio del 2012 potrebbero essere costrette a chiudere». Il motivo: l’ennesimo taglio ai fondi pubblici all’editoria che si va configurando con le manovre economiche 2011. La denuncia è giunta dall’assemblea nazionale dell’editoria cooperativa, non profit e di partito, riunita il 28 settembre a Montecitorio per iniziativa di Mediacoop, Fnsi, Articolo 21, Fisc, Comitato per la libertà e il diritto all’informazione, alla cultura e allo spettacolo, Federcultura-Confcooperative.

Il rischio della chiusura
«Il fondo per l’editoria è stato continuamente eroso in questi anni, passando da 240 milioni di euro a 80 milioni per il 2011», ha rilevato il presidente onorario di Mediacoop, Lelio Grassucci. Inoltre, «per il 2012 e il 2013 sono stati stanziati 194 milioni di euro», dei quali – detratte voci di spesa come quelle per vecchio debito con Poste italiane spa (50 milioni) e la convenzione con la Rai per il servizio pubblico (40 milioni) – «per i contributi diretti restano circa 80 milioni rispetto a un fabbisogno di 170-180 milioni». «E non siamo neppure sicuri che questi soldi, alla fine, arriveranno…», ha aggiunto Grassucci, sottolineando la difficoltà di fare impresa in una simile situazione. «Il rischio è che il prossimo anno molti di noi non ci siano più»: un pericolo che porterebbe alla scomparsa di «500 mila copie al giorno», «400 milioni di euro di giro d’affari in meno», oltre a «4 mila tra giornalisti e poligrafici senza lavoro».

Iva sui gadget e convenzione Rai. Come fare?
Due le proposte, che il Governo dovrebbe introdurre nel disegno di legge di stabilità da presentare entro il 15 ottobre: Iva ordinaria per i gadget che si vendono in edicola (e che non hanno un contenuto editoriale), così come avviene per la loro vendita nei negozi, e non pagare con le risorse destinate all’editoria la convenzione per il servizio pubblico della Rai. «Non si capisce perché una bambolina in edicola abbia l’Iva al 4%, mentre nel negozio di fianco è al 21%», ha precisato Grassucci: così «s’incasserebbero 40-45 milioni di euro», che sommati a quelli dati alla Rai andrebbero a ripristinare altri 80 milioni di euro essenziali per la sopravvivenza di tante piccole testate.

Rigore ed equità
L’importante, però, è che «i contributi vadano ai giornali veri, e non a piccoli profittatori», come invece talora avviene, e lo ha recentemente dimostrato la vicenda de L’Avanti di Valter Lavitola. Un richiamo che venne avanzato per la prima volta – tra l’indifferenza generale – proprio dalla Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), ha rimarcato il presidente Francesco Zanotti citando il suo predecessore alla guida della Federazione, don Giorgio Zucchelli, che in un incontro a Palazzo Chigi esclamò che «è ora di finirla di dare contributi a giornali che non esistono». Rigore ed equità sono le parole-chiave usate da Zanotti, ricordando che «fuori da queste stanze c’è un Paese reale, c’è la gente a cui anche noi diamo voce, che non appare sui grandi media». Uomini e donne che vivono nelle «periferie d’Italia» e conoscono più facilmente il direttore del locale settimanale diocesano piuttosto che le firme di punta dei maggiori quotidiani. Per questo «ogni volta che chiude un giornale – ha ammonito il presidente della Fisc – è una perdita per tutti».

Rivoluzione, non riforma
All’assemblea, dopo un fitto dibattito tra parlamentari e direttori, è intervenuto Paolo Bonaiuti, sottosegretario con delega per l’informazione e l’editoria, assicurando – a nome del Governo – che «alla fine di quest’anno potremo con tutta probabilità garantire circa il 90% dei contributi all’editoria per il 2010». Per il futuro, poi, per Bonaiuti non serve «una riforma dell’editoria», ma «una piccola rivoluzione da fare insieme e in tempi brevi», che si muova nell’ottica della «semplificazione», parametrando eventuali contributi – prevedendo «una riduzione della platea di soggetti destinatari» – al «numero di giornalisti e poligrafici impiegati» e alle «copie vendute». Infine, le tariffe postali agevolate: dopo un anno e mezzo dalla loro improvvisa soppressione, «dalla prossima settimana – ha annunciato il sottosegretario – apriremo un tavolo con le onlus perché entrino in un meccanismo virtuoso con le Poste», andando alla ricerca di una soluzione che possa tornare a dare un po’ di fiato, quantomeno su questo versante, alle loro pubblicazioni.