Il giornalismo recuperi credibilità, e al tempo stesso venga salvaguardato il pluralismo informativo. Un richiamo – alla categoria, ma pure al Governo Monti – emerso a conclusione del 18° Congresso nazionale dell’Unione cattolica stampa italiana (Ucsi), che si è svolto a Caserta dal 27 al 29 gennaio. A fronte di «una crisi di credibilità nei confronti dei professionisti dell’informazione» che riflette «una più grave crisi della democrazia rappresentativa», «il giornalismo – riporta il documento finale approvato dall’assemblea – non cessi “di assolvere al suo ruolo sociale”».
I delegati, provenienti da 19 regioni italiane, sono stati chiamati dapprima ad approvare alcune modifiche allo statuto associativo, poi per confrontarsi su “La credibilità dell’informazione in Italia: verso un giornalismo di servizio pubblico” ed eleggere i vertici dell’Ucsi. Dal voto è uscita confermata, per un secondo mandato, la presidenza uscente; rinnovati, inoltre, il consiglio nazionale e la giunta esecutiva. Tra i diversi momenti della “tre giorni” assembleare, sabato 28 alla Reggia di Caserta, al termine di una tavola rotonda, sono stati consegnati i premi Ucsi “Emilio Rossi” per il giornalismo al direttore emerito de La Civiltà Cattolica padre Gian Paolo Salvini e al direttore di Famiglia Cristiana padre Antonio Sciortino.
Al servizio del bene comune
Sulla credibilità si gioca una «dimensione essenziale» della professione giornalistica, ha rimarcato il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, intervenendo a conclusione della tavola rotonda. La credibilità, ha ricordato, è «necessaria per essere un servizio pubblico, orientato al bene comune dell’intero nostro Paese». Il segretario dei vescovi italiani ha messo in luce tre «pericoli» che rischiano di rendere l’informazione «strumento d’interessi disumanizzanti». Dapprima la «mancanza d’indipendenza economica e l’asservimento a interessi economici, culturali, politici»; in secondo luogo la «sudditanza ai modelli culturali prevalenti», dove però gli stessi media «contribuiscono in maniera decisiva a costruire» la «cultura dominante»; terzo, «la scomparsa, dal nostro orizzonte culturale, della questione della verità e del senso».
Tre, però, sono pure le strada da percorrere, ad avviso del presule, per camminare verso «un giornalismo al servizio del bene comune del Paese». Primo, «rigenerare il linguaggio», «evitare il luogo comune e trovare nuovi modi di parlare di una realtà in continuo cambiamento», sapendo che «la semplicità è una conquista, ben lontana dalla semplificazione». Poi, «dire con coraggio la verità, a ogni costo». Infine, essere «testimoni», «cercatori della verità, consapevoli dei propri limiti, ma anche desiderosi di superarli nella comunicazione con gli altri».
Il documento finale
Molteplici i punti toccati dal documento finale, che si apre con «un appello al Governo Monti» per «la revisione dei criteri dei contributi ai giornali al fine di garantire la pluralità dell’informazione, bene prezioso per la vitalità della democrazia». I giornalisti dell’Ucsi auspicano «una riforma del settore diretta a sostenere le iniziative editoriali che svolgono un servizio di effettiva qualità al pubblico». Il documento riprende le parole di monsignor Crociata, proponendo di moltiplicare «le connessioni» con «testate» e «associazioni cattoliche impegnate sul fronte della comunicazione». «A fronte di un’informazione urlata, tifosa, che deforma e non rettifica», l’assemblea ha inoltre chiesto che l’Ucsi si adoperi per «un organismo attivo sul fronte dell’etica della comunicazione» e indichi «la strada di un’informazione che non dimentica la dignità delle persone». Il Congresso ha quindi rivolto un pensiero ai giornalisti precari e a coloro che «sono minacciati o indebitamente condizionati nello svolgimento del loro lavoro».
Punto di riferimento
«Recuperare la testimonianza profetica del comunicatore per dire le cose che tutti vedono, ma non sanno riconoscere» è l’invito rivolto in apertura dei lavori dal consulente ecclesiastico, padre Francesco Occhetta. Il presidente nazionale, Andrea Melodia, ha riepilogato l’opera compiuta nell’ultimo triennio ricordando, tra l’altro, la «grande collaborazione e sintonia con la Fisc», la Federazione dei settimanali cattolici, i quali, ad avviso di Melodia, rappresentano un «tipico esempio di “servizio pubblico” dell’informazione». Il triennio trascorso, poi, è stato caratterizzato dall’elaborazione del nuovo statuto e del regolamento relativo, approvati dall’assemblea venerdì mattina. Tra le novità più significative, l’apertura dell’associazione verso quanti fanno informazione o comunicazione sebbene non siano giornalisti. «Il nostro obiettivo – ha commentato Melodia – è quello di diventare punto di riferimento per le speranze più elevate di tutti coloro che lavorano nel campo della comunicazione, a cominciare dai giornalisti ma senza fermarsi a loro: migliorare la qualità, la responsabilità, la consapevolezza di essere al servizio dei lettori e dei consumatori. Questo richiedono l’evoluzione dei sistemi di comunicazione, la prorompente avanzata dei nuovi media, la situazione di crisi economica e valoriale nostro Paese».