Ci sono certamente problemi più seri e più urgenti, ma l’annuncio del passaggio di Giovanni Floris dalla Rai a La7 ha suscitato una inaspettata dose di polemiche. Il popolare conduttore compie il salto dopo 12 anni alla conduzione di “Ballarò” e una ventina di carriera aziendale nella tv pubblica italiana. Quasi tutti i colleghi giornalisti e i commentatori hanno evidenziato la cifra dell’ingaggio che il giornalista percepirà a La7, che pare essere intorno ai 4 milioni di euro per 3 anni. Secondo indiscrezioni, la Rai gli avrebbe proposto per lo stesso periodo il pur rispettabile compenso di 1,8 milioni. Il confronto fra i due importi spiegherebbe la scelta.
Può darsi che l’aspetto economico abbia avuto la sua parte, ma non è così scontato pensare che Floris, reduce comunque da un decennio di stipendi lauti, sia stato solleticato solo ed esclusivamente dai soldi. Anzi. Dietro la sua scelta si può leggere anche la volontà di sperimentarsi su una rete probabilmente meno assiduamente vista rispetto alla Rai ma al contempo più adatta a giocare da battitore libero, potendo anche uscire dagli schemi.
E, checché se ne dica, la figura di Urbano Cairo, proprietario di La7, si avvicina molto più dei vertici della tv di Stato a quella di “editore puro” per il quale i giornalisti vorrebbero lavorare. Gli interessi di Cairo sono economico-imprenditoriali, con tutti i vantaggi e gli svantaggi del caso. Quelli della Rai, dichiaratamente di servizio pubblico, spesso sono invece subordinati a condizionamenti politici nemmeno tanto velati.
Sempre fra i dietrologi, molti hanno evidenziato il recente scambio vivace – o battibecco, secondo i punti di vista – tra Floris e Renzi quando l’attuale Presidente del Consiglio è stato ospitato a “Ballarò”. Si parlava di spending review e di necessario dimagrimento da parte della Rai in termini di costi e le posizioni erano evidentemente differenti. Ma anche questa argomentazione lascia il tempo che trova.
Probabilmente le condizioni proposte a Floris da La7 sono più comode non soltanto in termini economici. Oltre alla libertà pressoché assoluta di fare il suo mestiere come crede, il giornalista avrebbe ottenuto carta bianca anche sul possibile sforamento orario della sua prima serata e su altri eventuali spazi da utilizzare per approfondimenti informativi nel palinsesto quotidiano.
Resta il fatto che nell’ultima puntata, prima di pronunciare il suo ormai tradizionale “alé” finale, il conduttore aveva salutato gli spettatori con un annuncio di conferma che non lasciava dubbi: «Noi ci vediamo comunque a settembre». In altri tempi, la parola data ad alcuni milioni di spettatori sarebbe stato un motivo sufficiente per non pensare nemmeno lontanamente a non rispettare la promessa. Oggi, nella società della variabilità permanente, nessuno si stupisce più se le parole vengono immediatamente smentite da fatti.
Se Floris confermerà il suo addio e passerà davvero a La7 – come tutti gli “indizi” fanno più che sospettare – “Ballarò” probabilmente manterrà il suo titolo e sarà affidato a un altro giornalista (è già circolato il nome di Gerardo Greco, attuale padrone di casa ad “Agorà”). D’altro canto, su La7 dovrà essere varato un programma con un formato simile ma un titolo diverso. Alcuni precedenti illustri dicono che il successo della formula incrociata non si può dare per scontato. Salvo Sottile, Benedetta Parodi, Daria Bignardi e altri potrebbero confermare.
Con tutto il rispetto per Greco o per chi eventualmente prenderà di nuovo il timone di un programma ormai diventato storico e comunque fra i più interessanti nel novero dei talk show di approfondimento, è difficile – almeno per ora – pensare a un “Ballarò” efficace anche senza Floris. Meglio che funzioni anche la nuova versione, se può aiutarci a capire un po’ meglio come funziona la vita nei (e fuori dai) “palazzi del potere”.