«I cattolici in Italia non sono e non vogliono essere una lobby in difesa di interessi particolari e non diventeranno mai di parte perché l’unica parte che amano e indicano liberamente a tutti è quella della persona, ogni persona, dall’inizio alla fine naturale della vita, senza passaporto. Non un amore qualsiasi, ma quello che ci insegna Gesù». Lo ha affermato il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, accogliendo papa Francesco all’assemblea plenaria conclusiva della 50ª Settimana sociale dei cattolici in Italia.
«Lei è il primo poeta sociale, ce ne ha indicati tanti e lei è il primo. Grazie perché non si stanca di ricercare la pace – perché la guerra è la fine di ogni socialità – e ricorda a tutti di essere artigiani di pace», ha detto il Cardinale al Pontefice. «Siamo felici di questo incontro di questi giorni e di essere con lei – ha spiegato il porporato -. Grazie perché la sua presenza è una benedizione e ci aiuterà a vivere non una settimana ma tutti i giorni come sociali e condivisi».
«In questi giorni – ha evidenziato Zuppi – qui nessun vittimismo, qui non si è lamentato nessuno», solo «tanta gioia e tanti problemi affrontati, tanti problemi da amare. La Chiesa in Italia al centro ha sempre e solo Gesù e per questo il prossimo ad iniziare dai suoi e nostri fratelli più piccoli».
«In questi giorni non abbiamo parlato della partecipazione, l’abbiamo vissuta, come in questi anni del Cammino sinodale in Italia. Siamo venuti qui pieni di voglia, carichi di esperienze sociali, di realtà non di studi o di laboratori. Dopo questi giorni la voglia è aumentata: voglia di partecipazione, di rendere migliore questo mondo e di aiutare la democrazia viva del nostro Paese, dell’Europa, non quella del benessere individuale, ma del bene comune. Alle sfide vogliamo rispondere da cristiani, vogliamo dare frutti di democrazia, cioè di uguaglianza, di diritti e doveri per tutti perché “Al cuore della democrazia” ci sono le persone e c’è un atteggiamento di fiducia e speranza».
Zuppi ha concluso con l’immagine dell’orchestra nella quale «tutti hanno bisogno di accordarsi» perché solo «così si realizza un’armonia, una sinfonia meravigliosa. Ecco come pensiamo la democrazia».