Riconoscimento reciproco delle diverse culture, ascolto delle esperienze già presenti nelle comunità, accrescere i legami di solidarietà. Sono alcune tra le sfide messe in evidenza nella parte più “sociale” della bozza del documento finale del Sinodo minore “Chiesa dalle genti”. «Un testo che offre indicazioni importanti su quello che sarà poi il documento definitivo – precisa Laura Zanfrini, sociologa dell’Università Cattolica e membro della Commissione di coordinamento del Sinodo -, ma che certo non esaurisce le richieste di ascolto emerse durante la fase di confronto».
L’immigrazione oggi offre alle nostre comunità un’occasione per crescere, trasformarsi e farsi ascoltatrici di desideri, speranze, paure di chi viene nel nostro Paese. «È importante mantenere lo stile sinodale nell’accoglienza – sottolinea Zanfrini -. Questo Sinodo ci lascia in eredità la capacità di ascoltare e di assumere a valore le esperienze presenti sul territorio: far dialogare di più le diverse componenti delle comunità migranti, le persone che ci sono nate, quelle che ci vivono da tempo, favorire una convivenza che è crocevia di bisogni e stili di vita diversi, capaci di coniugare capacità, talenti ed esperienze di ognuno». Le nostre comunità potranno così agevolare una maturazione critica delle coscienze e una trasformazione del tessuto sociale in cui sono inserite.
Oggi, in uno stesso territorio, si trovano a convivere persone con esigenze diverse e tradizioni differenti, ma chiamate ad affrontare i medesimi problemi: dalla crisi economica alla formazione scolastica, dalla burocrazia al disagio sociale. «Qui nasce la sfida politica che oggi attraversa la nostra società – spiega Zanfrini -. Il governo dell’accoglienza parte da una buona politica svolta a 360 gradi, che si occupi del lavoro, della costruzione della cittadinanza, della crescita della partecipazione e della consapevolezza di quanto accade sul territorio». È dunque necessario ampliare gli ambiti di partecipazione e di inclusione, obiettivo da perseguire anche attraverso il coinvolgimento delle risorse presenti in Diocesi, a partire dal contributo che possono offrire istituzioni formative (come la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale), nelle quali predomina un carattere interculturale è predominante. «La cittadinanza non è un lasciapassare per avere dei diritti, si costruisce attraverso la partecipazione e la crescita della consapevolezza, con la condivisione della vita sociale e culturale», aggiunge Zanfrini. È importante mettersi in ascolto dei problemi, delle difficoltà e delle paure del futuro: solo così si possono evitare i conflitti tra italiani e immigrati.
È fondamentale poi che l’impegno caritativo sia rivolto verso ogni forma di povertà e favorisca nelle Comunità pastorali, nelle parrocchie e in ogni realtà locale il costruirsi di relazioni contrassegnate dallo spirito di accoglienza, andando al di là di una logica puramente assistenziale. Attenzione al prossimo, confronto e dialogo sull’attualità, ma anche formazione ed educazione per chi arriva da fuori. «Il Sinodo è stato sicuramente positivo, perché ha dato l’idea di una Chiesa che si mette in ascolto, di una realtà che non fa solamente appelli preconfezionati all’accoglienza. La scommessa grossa è quella di imparare a pensarci come Chiesa, come insieme, come una cosa sola, valorizzando di più quello che è stato fatto fino a oggi nelle singole comunità. Un passo propedeutico per essere davvero cittadini», conclude Zanfrini. Di fronte a una società che spesso si limita a garantire l’interesse dei singoli, è importante educare a leggere la realtà in modo ampio e promuovere una comunità, dove diritti e doveri di tutti siano accolti e promossi.