«I viaggi pastorali dell’Arcivescovo hanno sempre due particolari motivazioni: la prima è andare a visitare i nostri sacerdoti presenti nelle Diocesi che hanno appunto richiesto l’invio di preti ambrosiani. Il secondo motivo è incontrare il pastore di quella Chiesa locale, in modo che la cooperazione possa continuare in modo buono e fruttuoso». A spiegare il senso del viaggio dell’Arcivescovo a Cuba è don Maurizio Zago, responsabile dell’Ufficio diocesano per la Pastorale missionaria, che lo accompagna nell’isola caraibica.
Qual è la presenza della Diocesi di Milano a Cuba?
Come forse molti sanno, tutto nasce da un appello che il cardinale Scola lanciò nel novembre 2016, per raccogliere la richiesta di invio a Cuba di alcuni fidei donum venuta dall’arcivescovo di Santiago de Cuba. Quattro sacerdoti accolsero la proposta: oggi due di loro sono presenti nella stessa parrocchia e altri due in altrettante parrocchie, sempre nella Diocesi di Santiago. Non sono proprio nella città, ma in quattro paesi vicini: don Adriano Valagussa e don Marco Pavan a Palma Soriano, don Carlo Doneda a Baire e don Ezio Borsani a Contramaestre.
Quanti sono i fidei donum ambrosiani oggi in terra di missione?
In tutto sono 38. Non sono tutti preti, naturalmente. Abbiamo due famiglie con bimbi, una è a Gerusalemme e l’altra a Pucallpa (Perù), oltre a una laica consacrata che si trova in Turchia; gli altri sono sacerdoti. A Cuba siamo presenti da sei anni, ma ci sono Diocesi come quelle africane e, appunto, in Perù, dove la presenza risale a molti anni fa. La prima, storica, è quella in Zambia, nella Diocesi di Monze, di cui abbiamo già festeggiato i 50 anni.
In agosto, dopo essere stato a Lisbona per la Giornata mondiale della Gioventù, l’Arcivescovo si recherà anche in Turchia. La situazione in quel Paese è complessa, sia per la Chiesa Cattolica in generale, sia per i tremendi danni causati dal terremoto…
Il viaggio in Turchia è breve: durerà dal 12 al 16 agosto e ha come obiettivo l’incontro con l’unica fidei donum presente, Mariagrazia Zambon, una consacrata impegnata a Konya. Da lì ci sposteremo a Smirne, che è la sede episcopale. Il 15 agosto l’Arcivescovo presiederà la celebrazione eucaristica della Solennità dell’Assunta a Efeso. Non toccheremo, quindi, le zone terremotate. Da notare che, in novembre, per la Turchia partirà come fidei donum un altro sacerdote della nostra Diocesi, don Attilio Cantoni, che a Iskenderun collaborerà con il Vicario apostolico per l’Anatolia, monsignor Paolo Bizzeti.
Qualcuno osserva che siamo poveri di preti e di laici che si impegnino veramente. Perché, allora, partire per le terre di missione?
Il tema della povertà dei preti è un tema naturalmente molto circoscritto alle aree specifiche, perché per esempio, rispetto ad altre Diocesi, quella di Milano potrebbe sembrare ancora molto ricca di clero. Senz’altro, però, questo è un aspetto da tenere presente. Credo che l’utilità di un’esperienza come quella dei fidei donum sia da leggere all’interno di un processo – l’enciclica Fidei donum che ha dato inizio a tale realtà è stata scritta da Pio XII nel 1957 -, nel quale l’arricchimento che le nostre Chiese possono ottenere avviene nei fatti. Mi verrebbe da dire che questo arricchimento racchiude due direzioni: la prima è un allargamento di orizzonti, quindi, riuscire a capire che la nostra Chiesa fa parte di una più ampia, la Chiesa universale; e poi che questo stesso allargamento di orizzonti serve anche a noi per leggere i problemi che abbiamo vivendo nelle nostre terre. Si tratta di un aiuto reciproco tra Chiese sorelle.