I piccoli spiragli di luce che possono entrare – e lo fanno sempre e comunque – anche nei giorni che sono e appaiono bui come quelli che stiamo attraversando. Gli spiragli di luce che ci rendono fiduciosi e non vittime dei profeti della catastrofe; che fanno guardare con occhi aperti al tempo di grazia e di attesa in cui siamo entrati. Nella Prima Domenica dell’Avvento ambrosiano, in Duomo, è il vicario generale, monsignor Franco Agnesi, che presiede la Celebrazione eucaristica, in sostituzione dell’Arcivescovo che, pur asintomatico, è ancora in quarantena.
Ed è proprio al vescovo Mario che monsignor Agnesi fa riferimento, in apertura della sua omelia, richiamando l’appuntamento di preghiera “Il kaire delle 20.32” che ogni sera, per tutto il periodo dell’Avvento, vedrà l’Arcivescovo entrare virtualmente nelle case attraverso il portale della Diocesi, i suoi social, la televisione (ChiesaTv, can 195) e la radio.
«L’Arcivescovo non nasconde la preoccupazione che noi ci lasciamo intrappolare dallo sguardo su racconti di dissesto, parole di discredito, aggiornamenti sui crolli della fiducia, della stima, della speranza. Per questo ci invita a leggere le profezie», cui alludono le Letture appena proclamate.
«Profezie che sono un rimprovero, ma anche un invito ad alzare la testa», come indica ancora monsignor Delpini.
Il saluto è anche per chi sta seguendo la Messa collegato da casa, in famiglia: tutti coloro ai quali il Vicario generale suggerisce di approfondire il testo della Diocesi “A occhi aperti” (Sussidio per le celebrazioni in famiglia nel tempo di Avvento). «Occhi aperti di un papà, di una mamma che spezzano il pane della Parola di Dio con i loro figli; occhi aperti di ragazzi e ragazze che cantano il loro “con Te” a Gesù nel’intimità della loro casa, con l’amore ricevuto nella preghiera; occhi aperti, non solo su immagini trasmesse, ma, prima di tutto, sulla carne reale di uno sposo, di una sposa, di figli piccoli e grandi, di nonni e di nonne, di quanti – poveri e più vulnerabili – guardiamo con la tenerezza della carità, pregando per loro».
Così anche nella chiesa domestica arrivano spiragli di luce. Tre quelli che evidenzia monsignor Agnesi, secondo la logica della pagina evangelica di Marco.
«Nel Vangelo di oggi, Gesù vuole dirci una parola da amico, pur in una storia segnata da tanto male, sofferenza, guerre, terremoti, carestie, divisioni e odio. Mi fa venire in mente chi, come quella mamma dopo un lungo difficile cammino, viene sfruttato, violentato, imbrogliato e perde il proprio bimbo nelle onde del mare. E quest’anno tutti possiamo aggiungere l’esperienza della pandemia che ci sta mettendo alla prova: una prova sanitaria, economica, relazionale, spirituale».
Da qui, il primo spiraglio: «Non lasciatevi ingannare da allarmisti e sfruttatori delle vostre ansie. L’inganno più grande è quello di pensare che nel nostro tempo non ci sia più spazio per la speranza e l’amore. Proprio dove il male e la morte pretendono di avere l’ultima parola, possiamo avere gli occhi aperti per vedere i segni del Vangelo che aprono al coraggio, alla misericordia, alla testimonianza di chi abbrevia e alleggerisce il peso di situazioni difficili. Abbiamo gli occhi aperti sul Vangelo, per essere solidali, per gareggiare nello stimarci a vicenda – come scrive san Paolo -, per immaginare un’economia che non scarta. Quanti di voi stanno facendo il bene e servendo nella professione, in casa, nell’amministrazione pubblica e nella politica»..
Poi, la luce che viene dallo Spirito che parla «edificando il bene». Basti citare i 7 doni dello Spirito santo «che sono creativi e generano fiducia».
«Se questo tempo rischia di trovarci impediti a essere docili allo Spirito santo, per questo occorre anzitutto la preghiera», come l’Arcivescovo ha voluto indicare con l’appuntamento quotidiano delle 20.32.
Infine, la visione grande del figlio dell’uomo che viene, «che è in mezzo a noi, tra noi e per noi».
Il pensiero va a un notissimo canto della nostra tradizione nel quale, tra altre strofe, si intona: “Dove nasce amore, Tu sei la sorgente; dove c’è una croce, Tu sei la speranza; dove il tempo ha fine, Tu sei vita eterna e so che posso sempre contare su di Te. E accoglierò la vita come un dono e avrò il coraggio di morire anche io e incontro a Te verrò con il mio fratello che non si sente amato da nessuno”.
«Gesù ci dice che il gesto dell’amore rimane e non andrà perduto. Sentiamoci incoraggiati dal Signore a iniziare così questo tempo, a essere sapienti, liberi e docili alla voce dello Spirito imparando nella preghiera ad ascoltarlo e a fare il bene che possiamo con fiducia e libertà di cuore. Forse un impegno possiamo prenderlo: se ci viene la tentazione di chiudere qualche spiraglio di luce – dicendo che tanto non cambia niente o accusando qualcuno -, fermiamoci e lasciamo aperti piccoli spiragli che ci consentano di camminare nel tempo che il Signore ci dà e di viverlo con amore».
Parole diverse per dire quanto lo stesso Arcivescovo scrive nella sua omelia per la I di Avvento ambrosiano.
«Se cominciassimo a immaginare la storia come Avvento, allora potremmo trovare motivo per guardare anche più lontano, per non distogliere lo sguardo dal momento estremo, perché fin là abita la speranza. Se irrompe questo spiraglio di luce, allora tutto appare in modo nuovo: la storia è un avvento, cioè ha un senso; il presente non è abitato dall’inventario delle rovine, ma dalla responsabilità di un cantiere; la vita di ciascuno non è una solitudine troppo fragile, esposta alla minaccia della morte, ma l’amicizia invincibile che ha la forma della vocazione».
Alla fine della Celebrazione c’è ancora tempo per una raccomandazione. «Tra due settimane entrerà in vigore il nuovo Ordinario della Messa» (con le note variazioni nel Padre Nostro, già in parte da molti fedeli applicate nella preghiera, ma non solo). «Impariamo a pregare insieme: è importante, prezioso».