«Davanti a Dio siamo sempre con tutta la gente, in particolare con chi soffre e si dispera. Sentiamoci al centro del mondo che piange, che grida, che aspetta senza sapere che cosa deve aspettare e che, se canta, canta il malanimo, la disperazione, la frustrazione, il sarcasmo, l’irritazione (…). Il senso della lode di Dio è il primo realismo: è la contemplazione del mondo come luogo della bontà, della misericordia, dell’amore di Dio, dell’amore di Cristo per l’uomo, per il povero, per il malato, per il sofferente, per me, per noi, per questa Chiesa». Con queste parole il cardinale Carlo Maria Martini esprimeva nel 2002 (ne Il desiderio di Dio) il primato della lode. Ed è giustamente sull’esultanza che si vuole porre l’accento nella Festa della Presentazione del Signore e XXIX Giornata della Vita consacrata, che si celebra domenica 2 febbraio. Alla vigilia, sabato 1 febbraio, in Duomo si celebrerà il Giubileo diocesano della vita consacrata (nel box sotto il programma, vedi qui la locandina). Ne parliamo con monsignor Walter Magni, vicario episcopale per la vita consacrata.
Monsignor Magni, può darci uno sguardo d’insieme sulla realtà di Vita consacrata dell’Arcidiocesi?
Le tante realtà di Vita consacrata, maschile e femminile, presenti in Diocesi vivono un momento vivace. Sono infatti stimolate dal dinamismo carismatico proprio di ciascun istituto o associazione di fedeli consacrati, e da una Chiesa che continuamente porta tutti a riflettere nella prospettiva di un annuncio missionario più consapevole e di una sempre più profonda assunzione del metodo dell’ascolto sinodale. È vivace e fecondo anche il rapporto che consacrati e consacrate intrattengono quotidianamente con una Chiesa locale sempre più tesa a ridefinire la sua presenza sul territorio. Penso, in particolare, al passaggio che anche molti consacrati vivono con le comunità cristiane dalle parrocchie alle comunità pastorali, e alla capacità di partecipazione che in genere rappresentano le Assemblee sinodali nei decanati.
Di recente lei ha raggiunto 27 comunità di sorelle anziane o ammalate nelle 7 Zone pastorali dell’Arcidiocesi. Vuole dirci le sue impressioni? Quale crede sia il dono di queste sorelle e come far sentire che la Chiesa ha bisogno di loro?
Sì, tra la seconda metà di dicembre e il mese di gennaio ho desiderato raggiungere tutte queste case di riposo dove sono ricoverate complessivamente circa 900 sorelle, tra gli 85 e i 100 anni. Ho portato loro il saluto dell’Arcivescovo e il ringraziamento della Diocesi per quanto hanno fatto in tanti anni di servizio nelle loro opere carismatiche e nelle opere parrocchiali e per quello che rappresentano ora: un grande orizzonte contemplativo disseminato per la Chiesa ambrosiana, che innalza a Dio ogni giorno una preghiera incessante e intensa. In genere, l’incontro in ciascuna casa avveniva nell’arco di due o tre ore, proponendo un momento celebrativo – Santa Messa o recita dei Vesperi – e un incontro familiare con le sorelle più disponibili, riservandomi di raggiungere personalmente per un saluto anche le sorelle allettate. A tutte ho cercato di trasmettere la convinzione, consolidatasi nel susseguirsi degli incontri, che le consacrate molto anziane presenti in Diocesi si trovano ora a vivere alla radice dei loro Istituti, alimentandone la vita con una preghiera più intensa e continua. Ho voluto segnalare loro il fatto che il fatto di trovarsi libere dalle incombenze dell’azione carismatica propria dell’Istituto, contiene una chiamata a vivere in modo ancora più profondo la loro consacrazione. La condizione di inattività diventa infatti occasione favorevole per esprimere la totale e primaria dedizione non alle loro opere, ma all’Opera stessa di Dio, che in Gesù trova la sua piena e definitiva espressione. Nell’ascoltare queste parole, i loro occhi si illuminavano e accennavano a un sorriso soddisfatto, proprio di chi si sente letto e interpretato.
Quale parola vuole rivolgere alle consacrate e ai consacrati in questa Festa in cui sarà celebrato anche il Giubileo diocesano della Vita Consacrata?
Che l’ormai prossima Festa della Presentazione sia esultanza di Luce e Gioia. Nella misura in cui la Vita consacrata saprà continuare a diffondere questa gioia luminosa, sarà segno credibile di quella Speranza che viene dall’alto e che pervade tutto. Questa è la Speranza che l’anno giubilare può donare al mondo; la Speranza che è come l’acqua che sola sa dissetare, come il pane che ancora ci alimenta.