Non ci sono parole per descrivere la bellezza di Villa Mirabello, un edificio storico che risale alla prima metà del Quattrocento e che nei secoli è passata da nobili famiglie come i Visconti, gli Sforza, i Medici, via via fino a Landriani, Marino e Serbelloni. Un gioiello di architettura di mattoni a vista, nel quartiere Maggiolina, che pochi milanesi oggi conoscono, nonostante le sue dimensioni. «Oggi il perimetro della Villa si estende su 6400 mq, di cui 1800 edificati, perché negli anni si sono aggiunte altre costruzioni», spiega monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Villa Mirabello onlus.
La Villa, che veniva utilizzata come residenza estiva per la caccia, oggi rinasce con un grande progetto aperto alla città per rispondere ai nuovi bisogni. È ora quindi di riaprire i battenti al pubblico. L’inaugurazione di Villa Mirabello «Il passato si rivela» si terrà sabato 9 ottobre alle 10, alla presenza del Vicario generale, monsignor Franco Agnesi. Un grande evento che sarà preceduto il 7 ottobre da un concerto di musica classica, mentre venerdì 15 si terrà una tavola rotonda moderata da Ferruccio de Bortoli.
In che cosa consiste la rinascita della Villa e il suo rilancio innovativo? La Fondazione, che ha già investito molto nella ristrutturazione e nel restauro degli edifici storici, ora intende creare due poli distinti: uno di servizi alle persone fragili, l’altro riservato a eventi artistico-culturali. Per comprendere queste scelte, che da una parte rispettano il passato e dall’altra guardano al futuro, occorre fare un passo indietro.
Dopo lunghi periodi di splendore, la Villa ha attraversato fasi di degrado e decadenza, per rinascere solo nel 1920 grazie a monsignor Edoardo Gilardi e al medico Francesco Denti, che fondarono la “Casa del cieco”, inaugurata alla presenza del cardinale Andrea Carlo Ferrari, Arcivescovo di Milano. «Don Gilardi, successore di don Gnocchi alla “Pro Juventute” – spiega Bazzari -, era partito durante la prima guerra mondiale come cappellano volontario dei bersaglieri, e fu ferito e pluridecorato; il professor Denti invece era il direttore dell’Ospedale militare delle Orsoline a Milano». Quando il medico vide tornare dal fronte molti giovani ciechi a causa della guerra, si rivolse all’ex cappellano per trovare una soluzione.
«Con l’aiuto di alcune famiglie milanesi e il grande lascito testamentario di Alessandro Capra, noto filantropo milanese – racconta il presidente -, tra il 1920 e il 1924 costruirono un’ala per accogliere i ciechi, creando anche laboratori per il loro recupero e l’inserimento nel mondo del lavoro. Oltre a impegnarsi nella produzione di manufatti, i ciechi frequentavano corsi di formazione per imparare a rispondere al telefono, mansione per cui all’epoca venivano assunti».
Da Villa Mirabello sono passati più di 500 giovani ciechi e ipovedenti: prima si trattava solo di militari, poi l’accoglienza si estese anche ai civili. Molti di loro nel corso degli anni se ne sono andati, si sono sposati e hanno costruito una famiglia. Ad assistere gli ospiti erano le suore di S. Maria Consolatrice, che hanno lasciato definitivamente la Villa solo nel 1985.
Ecco quindi nascere l’idea di aprire un polo per i più fragili, per non perdere l’attenzione a una fascia della popolazione che rischia di rimanere ai margini. Nell’ala costruita negli anni Venti, «oggi occupata da enti in affitto e dalla cooperativa sociale Nivalis che opera a favore dei bambini da zero a 6 anni – continua Bazzari -, nascerà un servizio sulla disabilità complessa, coinvolgendo genitori e fratelli, perché in città c’è estremo bisogno. Sto già incontrando grandi specialisti, non solo di Milano».
All’ingresso, dove c’è la portineria, nascerà una struttura che ospiterà ex detenuti: uno di loro verrà assunto con ruoli di portierato, cura del giardino e del frutteto, il cui raccolto una volta contribuiva al mantenimento degli ospiti. Le due parti della Villa, quella del ’900 e quella del ’400, sono collegate da un camminamento e da un piccolo porticato con muretti laterali per favorire il passaggio dei ciechi e aiutarli a orientarsi. Nell’ala più antica – dove campeggia il motto «El dovere sempre» -, costituita da vasti locali affrescati che un tempo fungevano da stalla dei cavalli, «nascerà il polo artistico-culturale, dove terremo corsi di formazione, eventi culturali, concerti, presentazioni di libri, mostre d’arte».
«In fondo al giardino – conclude Bazzari – vorrei realizzare degli appartamentini per studenti ciechi che arrivano a Milano dai teatri di guerra internazionali per frequentare le nostre università. Intanto ho iniziato a promuovere borse di studio a livello nazionale per ciechi e ipovedenti, per lauree magistrali e brevi, oltre che per l’accademia musicale».