Una Chiesa aperta, sinodale, semplificata, corresponsabile, unita pur nella pluriformità di esperienze, sensibile alla qualità della liturgia, attenta ai giovani, responsabile nel discernimento di fronte alle sfide del mondo, che sappia utilizzare al meglio i media diocesani per fare opinione. Sono queste in sintesi le indicazioni pastorali per questo anno dell’arcivescovo Mario Delpini, che significativamente lo scorso 4 ottobre, giorno di San Francesco, ha firmato la sua prima Lettera alla Diocesi. «Vieni, ti mostrerò la sposa dell’Agnello» è il titolo, che riprende un brano dell’Apocalisse.
«Fratelli, sorelle, desidero ancora salutarvi, benedirvi, ringraziarvi per le attenzioni, la cordialità, la preghiera che hanno accompagnato l’inizio del mio ministero in questa santa Chiesa ambrosiana – inizia così il testo dell’Arcivescovo -. Vi raggiungo solo ora con queste indicazioni pastorali per l’anno che già si è avviato. Immagino che l’appassionata diligenza e l’efficienza organizzativa che caratterizzano le nostre comunità abbiano già determinato i temi e i calendari, programmato interventi e iniziative. Mi presento quindi con discrezione e rispetto, ma invito a considerare le indicazioni che offro come un punto di riferimento che può anche richiedere qualche semplificazione dei calendari e qualche concentrazione più evidente sulle priorità indicate».
Fede e vita
Delpini riprende e rilancia una forte preoccupazione che già da decenni i precedenti Arcivescovi di Milano hanno «denunciato e contrastato», a partire da Giovanni Battista Montini con la Missione di Milano del 1957: la separazione tra la fede e la vita. «Alla contemplazione dell’opera di Dio deve ispirarsi il nostro cammino di Chiesa nel tempo – scrive Delpini -. Il rischio di lasciare la contemplazione circoscritta a un tempo che sta fuori dal tempo del vissuto quotidiano e in un luogo che è separato, come un recinto sacro, dagli ambienti della vita ordinaria continua a insidiare i discepoli di Gesù. È un rischio che anch’io vorrei denunciare e contrastare, chiedendo a tutti di appassionarsi alla vocazione a essere pietre vive di una Chiesa che sia un segno della Gerusalemme nuova».
La sfida della sinodalità
«La sinodalità è la sfida che vogliamo raccogliere», sottolinea l’Arcivescovo. Una parola che non deve diventare un vuoto slogan, ma innervare la Chiesa ambrosiana. «È doveroso declinare un’attenzione che deve dare forma a tutta la vita della Chiesa, perché sia profezia della città santa. La sinodalità infatti è opera dello Spirito che dei molti fa una cosa sola». L’Arcivescovo non si nasconde certo le difficoltà: «Quale docilità allo Spirito, quali attitudini virtuose, quali esercizi ascetici rendono praticabile l’esercizio della sinodalità a uomini e donne tentati da individualismo, protagonismo, inerzia, rassegnazione, mutismo, confusione? Insomma si deve raccogliere un richiamo alla conversione».
Una conversione che diventa azione. «La sinodalità è una disciplina dell’agire pastorale. Ci si deve domandare: quale metodo, quali procedure, quali forme istituzionali rendono praticabile l’esercizio di un discernimento e di un agire sinodale a comunità tentate di delegare, di sottrarsi a responsabilità, di preferire il lamento all’impegno, di essere impazienti e insofferenti, di dividersi in fazioni e di isolarsi in aggregazioni autoreferenziali? Insomma, si devono intraprendere percorsi di formazione, per tutti: clero, consacrati e laici».
Il ruolo dei laici
Dal Concilio l’impegno dei laici nella corresponsabilità ecclesiale è centrale nella vita della Chiesa. Eppure, nonostante un lungo cammino, c’è ancora molto da maturare, in una comunità che rischia di essere soffocata dal clericalismo, ma anche da un laicato non all’altezza. «Forse i laici hanno preferito la delega e la lamentela all’assunzione di responsabilità e a percorsi adeguati di formazione? – si domanda Delpini -. Forse i preti hanno esercitato il loro magistero in modo personalistico e autoritario temendo la corresponsabilità dei laici? Forse la complessità delle procedure si è rivelata così faticosa da scoraggiarne la pratica? Mi riferisco in particolare ai Consigli pastorali, specie ai Consigli pastorali decanali».
Allora «è necessario immaginare a livello di parrocchia, di comunità pastorali, di decanato e di Diocesi la serietà della riflessione, la pazienza della pratica ordinaria, l’onestà della verifica. In prospettiva che cosa si può consigliare al vescovo perché questa proposta formativa e questa pratica ordinaria possa diventare uno stile che caratterizzi questi anni?».
La cura della liturgia
Un’attenzione particolare va riposta nella qualità della liturgia. «La priorità – scrive Delpini – deve essere la cura per la celebrazione della Messa domenicale: deve essere un appuntamento desiderato, preparato, celebrato con gioia e dignità: quindi è necessario che ci sia un gruppo liturgico che anima la liturgia». Inoltre «deve essere favorita anche la preghiera feriale, promuovendo la partecipazione alla santa Messa, la preghiera della Liturgia delle Ore, l’adorazione eucaristica, la preghiera del rosario, le devozioni popolari». E poi un invito concreto, ma fortemente simbolico: «È poi opportuno che la chiesa rimanga aperta, per quanto possibile».
L’attenzione ai giovani
In vista del Sinodo dei vescovi del 2018 sui giovani, monsignor Delpini invita a puntare molto quest’anno sulle iniziative della Pastorale giovanile, a livello diocesano e locale, «scuola di preghiera e percorso vocazionale. La scelta dei diversi stati di vita deve essere accompagnata con sapienza e autorevolezza dagli adulti della comunità, così da favorire le decisioni definitive per la vita matrimoniale o le forme di speciale consacrazione. La comunità degli adulti infatti deve pensarsi come comunità educante».
Le comunicazioni sociali
Puntare sui media diocesani. È il forte invito dell’Arcivescovo di utilizzare e diffondere gli strumenti della comunicazione sociale, che diventano centrali del dibattito pubblico. «Nella complessità del nostro tempo – scrive Delpini – coloro che condividono la mentalità e i sentimenti di Cristo hanno la responsabilità di testimoniare come la fede diventi cultura, proponga una vita buona, desiderabile per tutti, promettente per il futuro del Paese e dell’Europa. Nella conversazione quotidiana, nell’uso saggio degli strumenti di comunicazione della comunità (stampa parrocchiale, Avvenire con Milano Sette, Il Segno, Radio Marconi, chiesadimilano.it, ChiesaTV, centri culturali, sale della comunità, social, ecc.) i discepoli del Signore condividono, argomentano, approfondiscono quella visione dell’uomo e della donna, del mondo e della vita che si ispira al Vangelo, che si lascia istruire dal magistero della Chiesa e dalla ricerca personale».
Un impegno che si cala anche nella realtà locale: «Le parrocchie formino persone capaci di progettare, realizzare adeguatamente strumenti di comunicazione per la comunità e di tenere alta l’attenzione su questo ambito».
I cristiani nel mondo
Altro tema centrale è il rapporto tra i cristiani e la citta dell’uomo. Delpini, sulla scia delle forti sollecitazioni di papa Francesco, invita i credenti al pensare politicamente e all’impegno diretto. «I cristiani non possono sottrarsi al compito di praticare abitualmente il discernimento in una metropoli che deve raccogliere la sfida di declinare in modo nuovo il tesoro della tradizione ambrosiana», scrive Delpini. E indica le realtà da considerare in un corretto discernimento: «Gli ambiti di questa declinazione sono quelli della generazione (famiglia, figli, nonni), della solidarietà (logica di inclusione, a partire dalle tante periferie che le nostre società generano), dell’ecologia integrale (legando dentro il concetto della cura ambiente e uomo, mondo e società, produzione e risposta ai bisogni), del dialogo (come incontro e reciproca contaminazione, secondo la logica del meticciato, tra culture, religioni), del primato della trascendenza (per non perdere la radice mistica che ogni religione richiama, senza la quale non c’è fondamento al legame sociale, al vivere insieme, come ricorda l’esortazione apostolica di papa Francesco Evangelii gaudium), della sinergia tra i vari soggetti, secondo la logica della pluriformità nell’unità, che in questo caso è anche la logica della sussidiarietà».
Un invito alla partecipazione anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. «L’avvicinarsi di consultazioni importanti per le istituzioni politiche e amministrative – sottolinea l’Arcivescovo – offre una occasione per riflettere, confrontarsi, esprimersi sugli aspetti istituzionali della società civile (Referendum per l’autonomia) e sulla situazione e prospettive politiche del Paese (elezioni politiche, regionali e nazionali)».