L’altro grande problema dell’Albania è il lavoro. In linea generale non c’è, circa il 50 per cento delle persone in età lavorativa non ha un impiego regolare. Le poche imprese esistenti lavorano su commessa di imprese straniere, in particolare italiane. Le imprese straniere non portano benessere in Albania. Semplicemente sfruttano il basso costo della manodopera.
Il problema è visto però in maniera diversa dagli albanesi: «E’ vero che le operaie vengono pagate poco», ti dicono un po’ tutti, «ma è meglio che niente. Con uno stipendio così e poi qualche altro lavoretto si può vivere». Ho potuto visitare un calzaturificio nel quale le condizioni di lavoro sono accettabili: gli ambienti sono puliti, le operaie hanno potuto seguire dei corsi di formazione e alfabetizzazione, organizzati dall’Associazione per l’integrazione rurale. Lì si fabbricano scarpe di ottima qualità, vendute in Europa anche a 150 euro, mentre lo stipendio di un’operaia è di 100 euro al mese. Ma esistono situazioni ben peggiori.
Fuori Scutari incontriamo delle suore che ci portano nella casa di una giovane operaia (15 anni) che lavora in un altro calzaturificio, che ovviamente non siamo riusciti a visitare: ci racconta che nella sua fabbrica lavorano 500 operaie e ogni giorno vi sono almeno 50 svenimenti per i forti odori. Inoltre molte operaie sono più giovani di lei, alcune hanno 13 anni. La paga è di circa 90 euro al mese, ma se svieni la giornata non ti viene pagata.