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Sirio 11 - 17 novembre 2024
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Rho

Un popolo in preghiera per dire no alla guerra

Riflessioni, testimonianze e appelli hanno caratterizzato la Veglia che, al termine del Mese della pace, ha riunito un folto gruppo di fedeli al Santuario della Beata Vergine Addolorata

di Annamaria BRACCINI

1 Febbraio 2024
I fedeli presenti nel Santuario

Una Veglia per dire basta alla guerra, per pregare e riflettere insieme, da credenti, su ciò che sta accadendo nel mondo tra conflitti a noi vicinissimi e Paesi dimenticati.

In una sera gelida arrivano in tanti a Rho, entrando alla spicciolata nel Santuario della Beata Vergine Addolorata dove – al termine del Mese della pace e nella festa liturgica di San Giovanni Bosco – si svolge il momento di preghiera intitolato «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci» (dal versetto tratto dal secondo capitolo del Libro di Isaia). Lo stesso versetto inciso a grandi caratteri nella pietra sita di fronte al palazzo delle Nazioni Unite. Quasi un segno per la Veglia, vissuta, come dice in apertura don Nazario Costante, responsabile del Servizio per la Pastorale sociale e del Lavoro, nella convinzione che «la pace prima che un traguardo sia un cammino», per usare un’espressione di don Tonino Bello.

Promossa dal Servizio diocesano stesso, in collaborazione con Caritas ambrosiana, Azione Cattolica, Associazione Libera, Padri Oblati missionari e Decanato di Rho – presenti il superiore dei Padri, monsignor Patrizio Garascia, e il decano don Fabio Verga – la serata, con l’animazione del coro della parrocchia rhodense San Pietro, si ispira al Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della Pace e a quello “Urbi et Orbi” pronunciato in occasione del Natale.

Don Nazario Costante e padre Patrizio Garascia

L’intervento di don Costante

«Papa Francesco ha rivolto un appello in vista della Giornata nazionale delle vittime civili delle guerre e dei conflitti nel mondo dell’1 febbraio. La guerra colpisce tutti indistintamente, ha detto il Santo padre, ricordando le tante vittime civili di ieri e di oggi e auspicando che il loro grido possa giungere ai governatori delle diverse nazioni affinché si creino progetti di pace – osserva, nel suo intervento, don Costante -. La guerra miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma anche per coloro che, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali. La guerra distrugge ospedali, attività economiche, scuole e luoghi di preghiera. In questo Santuario della Beata Vergine Addolorata, il volto di Maria che piange il figlio ci interpella, raccogliendo il dolore delle tante mamme che vivono le croci delle guerre. Il nostro desiderio più profondo è cercare l’amore, poiché siamo tutti assetati di amore. Dio ci dona e ci affida il seme della pace, e Gesù stesso è questo seme».

Così come don Bosco «manifestò tutti quei valori di carità, prossimità e altruismo che ancora oggi devono essere considerati alla base della nostra società, creando l’oratorio che diventò la casa di una vera alternativa alla violenza, educando gli uomini a essere operatori di pace, diffondendo la cultura della non violenza», così anche a tutti noi oggi è chiesto di continuare (o tornare) a domandare pace «che non è un sogno per pochi, né impossibile».

«Chiedere la pace è una scelta. Come Maria, senza indugi, facciamo crescere il seme della pace, che richiede impegno, tenacia, creatività e fatica. Non c’è pace per noi se l’altro è senza pace», conclude don Nazario con parole che suonano come una risposta immediata alle tre testimonianze proposte durante la Veglia a cura di Libera, Azione Cattolica e Caritas, lette rispettivamente da rappresentanti delle tre associazioni, presenti molti membri di ciascuna di queste. 

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Libera: «Necessario un cambiamento culturale»

Dal richiamo a un rifiuto netto e coraggioso delle armi e della loro «produzione, vendita e commercio in costante aumento» e dell’«aggressività anche nel parlare», si avvia la riflessione di Libera: «Si avverte un’insufficiente incisività delle politiche internazionali nel mettere in campo tutte le iniziative legislative, economiche e culturali perché si vada nella direzione di una giustizia sociale e ambientale e di una cooperazione fraterna e solidale».

La testimonianza di Libera

«Se siamo un mondo senza pace, la colpa non è di questi e di quelli ma di tutti» scriveva don Primo Mazzolari nel 1955. «Occorre, pertanto, volontà e perseveranza per raggiungere un cambiamento culturale e un’etica nelle relazioni, a più livelli», per l’Associazione fondata da don Luigi Ciotti, secondo la quale «i veri pacifisti sono coloro che si sporcano le mani per realizzare ciò in cui credono». Dai medici che curano sotto le bombe ai volontari, dai sacerdoti e religiose in prima linea nei Paesi segnati dalla violenza, agli «esponenti del pensiero disarmato e non-violento, che in tante parti del mondo rischiano la vita per il fatto stesso di opporsi alle logiche della guerra e dell’oppressione».

Azione Cattolica: «Intelligenza artificiale e pace»

Dopo la lettura di un ampio brano del messaggio per la 57esima Giornata Mondiale della pace 2024 del Papa, l’approfondimento di Azione Cattolica dà voce a una riflessione elaborata dalla Commissione teologica dell’Ac diocesana: «Molti fatti recenti di cronaca danno l’impressione che, tra i principali rischi delle tecnologie digitali, ci sia l’abbassamento della soglia di sorveglianza, di un certo assottigliamento dei filtri dell’autocontrollo. Le nuove tecnologie fungono cioè da “mediatori ingannevoli”, sia per i contenuti sia nelle relazioni interpersonali. Se siamo consapevoli di questi problemi nelle nostre interazioni virtuali, possiamo diventare “operatori di pace digitali”, favorendo con le nostre azioni il dialogo pacifico e rispettoso, la diffusione di informazioni verificate, la visibilità del bene e l’umanizzazione dei rapporti. Occorre, dunque, mantenere sempre vigile il pensiero critico, anche più che nella vita reale. L’intelligenza artificiale non ha una coscienza: noi, che la usiamo quotidianamente facendo delle scelte, ci interroghiamo sulle conseguenze del nostro modo di sfruttare le opportunità che essa ci offre?».

Un momento della Veglia

Caritas ambrosiana: «Rafforzare il Servizio civile» 

Dalla IA parte anche la condivisione proposta da Caritas: «La possibilità di condurre azioni militari attraverso sistemi di controllo remoto, che verranno sempre più favoriti dalla ricerca in intelligenza artificiale, ha portato a una minore percezione della devastazione da essi causata e della responsabilità del loro utilizzo. Ci dicono che questo modo di fare la guerra è più preciso, efficace nel colpire obiettivi, che i “danni collaterali” sono ridotti, sappiamo però che la percentuale dei civili sul totale dei morti in guerre è salita dal 70% della Seconda guerra mondiale a circa il 90% nei conflitti di inizio millennio».

La questione etica è riferita anche all’enorme investimento in armamenti: «È simbolico, ma significativo, il rifiuto del Vaticano alla donazione di 1 milione e mezzo di euro, a favore dell’Ospedale Bambin Gesù promesso da “Leonardo”, colosso italiano dell’industria mondiale delle armi», sottolinea il rappresentante di Caritas. La domanda, in fondo, è sempre la stessa: «Riusciremo a trasformare le spade in vomeri?», considerato che, nel 2021, «l’investimento in armi è stato circa 13 volte quello per gli aiuti pubblici allo sviluppo e alla cooperazione internazionale e che la promessa fatta da 192 Capi di Stato nel 2000 di sostenere con lo 0,7% del Pil chi vuole restare a vivere con dignità nel proprio Paese è ancora una chimera?».

La testimonianza della Caritas

Poi, l’invito a mantenere vivo il pensiero critico, come chiede padre Paolo Benanti, recentissimamente chiamato dall’Onu a far parte di una Commissione di esperti sull’intelligenza artificiale: «L’intelligenza artificiale che, se ben condotta, ha un forte potenziale di moltiplicatore di sviluppo umano, può in negativo aumentare l’odio sociale e creare nemici laddove non esistono. Per costruire la pace abbiamo bisogno di smascherare le notizie false che sono più slogan che verità, spesso celano il saccheggio neo-colonialista delle risorse, negano uno stile di vita insostenibile, minimizzano le prospettive dei cambiamenti climatici e di un mondo che sta implodendo, trovano capri espiatori, esaltano un successo individuale da perseguire a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo».

E, allora, cosa fare? «Amplifichiamo le buone notizie: non crediamo ci sia bisogno di reintrodurre la leva obbligatoria per costruire una “Riserva nazionale delle forze armate”, come recentemente proposto da qualche politico; desideriamo piuttosto che venga rafforzata la proposta non violenta del servizio civile, che per noi è una storia iniziata 50 anni fa con i primi obiettori di coscienza in Caritas». Questo l’ultimo appello venuto dalla Veglia, prima delle intercessioni per chiedere pace ovunque – con l’appello alla Chiesa, alla responsabilità dei governanti, alla conversione dei cuori dei grandi della terra -, la recita corale del Padre Nostro e la benedizione dei partecipanti alla preghiera suggellata da don Costante. «Quello che facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma è anche vero che senza quella goccia, l’oceano sarebbe più piccolo, come diceva Madre Teresa di Calcutta».

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