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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Intervista

Valagussa: «Accompagnare il cambio del sacerdote, responsabilità di tutta la comunità»

Il Vicario episcopale per la Formazione del clero presenta «Tempo in disparte», l’iniziativa destinata ai preti che mutano destinazione, in programma a Seveso dal 25 agosto al 6 settembre (iscrizioni fino al 15 agosto)

di Luisa BOVE

4 Agosto 2019

Si chiudono il 15 agosto le iscrizioni a «Tempo in disparte», l’iniziativa destinata ai preti che cambiano destinazione dopo 11 anni di ministero, in programma dal 25 agosto al 6 settembre al Centro pastorale di Seveso (si veda l’allegato). Scopo della proposta promossa dalla Formazione permanente del clero, come spiega il Vicario episcopale di settore don Ivano Valagussa, «è accompagnare i sacerdoti a cogliere la “grazia del momento” – così dice l’Arcivescovo -, quell’uscire ed entrare in una comunità che caratterizza ogni cambio di destinazione» e che diventa anche occasione «di rilettura del proprio ministero e di rilancio della risposta vocazionale».

Come si articola la proposta?
L’Arcivescovo chiede anzitutto a questi sacerdoti di vivere un tempo di riposo di almeno 15 giorni, seguito da due proposte precise: una settimana di esercizi spirituali e una settimana di formazione, che comprende una rilettura del ministero dentro i cambiamenti e le nuove esigenze che investono la pastorale, oltre all’approfondimento di alcuni temi e l’aggiornamento rispetto ai compiti del ministero (per esempio sul versante amministrativo e dei sacramenti), fino ad arrivare al momento conclusivo del mandato ufficiale da parte dell’Arcivescovo.

Spesso le comunità vivono questi cambiamenti con fatica. Come favorire il cammino?
Da una parte è importante il passaggio di testimone da un responsabile di Comunità o parroco all’altro, per cui a Seveso è previsto un incontro a tre tra il Vicario episcopale di Zona, il sacerdote che arriva e quello che consegna il lavoro svolto negli anni. Dall’altra ci sono le comunità cristiane, per cui si propone a ogni Consiglio pastorale di fermarsi a elaborare una verifica con il sacerdote rimasto tanti anni nella comunità, così da accogliere il nuovo responsabile o parroco, che si colloca in continuità, riprendendo il cammino con linee e prospettive di pastorale già avviate.

Si tratta di incoraggiare i laici alla corresponsabilità?
Sì, ma a partire anzitutto da quell’organismo di partecipazione che è il Consiglio pastorale. Un ulteriore elemento sarà quello di offrire all’intera comunità cristiana la possibilità di riflettere sul significato del cambio di sacerdote, dentro le linee del Concilio Vaticano II e degli orientamenti che papa Francesco indica sempre più, non solo al clero, ma alla Chiesa. Non penso alla corresponsabilità solo dei laici, ma di ogni battezzato, quindi anche dei consacrati e delle consacrate. Tutti sono corresponsabili – in virtù del proprio battesimo – del cammino di Chiesa. Questo emerge bene anche dal recente Sinodo minore “Chiesa dalle genti”, che invita a realizzare quella trasformazione già in atto della comunità cristiana, anche dentro le nuove appartenenze che si sono create, da non dimenticare, ma da valorizzare.

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