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Pellegrinaggi

Unitalsi al fianco dei più deboli

Il nuovo presidente nazionale, Antonio Diella, spiega gli impegni dell’Associazione. «Compagni di viaggio dei malati verso i santuari e anche nella vita di tutti i giorni»

di Daniele ROCCHI

17 Maggio 2016

Antonio Diella è il nuovo presidente nazionale dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali). Ad eleggerlo, nei giorni scorsi, i membri dell’Assemblea nazionale riuniti a Roma. Diella succede a Salvatore Pagliuca in scadenza di mandato. Nato a Bari nel 1959, giudice presso il tribunale del capoluogo pugliese e ordinato diacono permanente nel dicembre 2007, Diella è iscritto all’Unitalsi dal 1973: è ideatore del Progetto Bambini e del Pellegrinaggio internazionale bambini in missione di pace. Presidente regionale dell’Unitalsi in Puglia nel 1990, dal 2001 al 2011 era già stato eletto per due mandati consecutivi presidente nazionale. Abbiamo posto alcune domande a Diella all’inizio del suo nuovo mandato.

Quale sarà l’impegno principale suo e dell’Unitalsi nel prossimo quinquennio? E quali le sfide che vi si pongono innanzi?

Rafforzare e amare ancora di più l’identità dell’Associazione che è nata per portare le persone malate, sole e deboli, a fare esperienza di Dio nel pellegrinaggio. Questa è stata da sempre la nostra identità e il nostro carisma. Ed è su questo carisma che intendiamo lavorare perché il pellegrinare con i malati verso i santuari educa a camminare al fianco dei più deboli anche nella vita di tutti i giorni. Vogliamo farci loro compagni di viaggio.

E quali sono le sfide?

Innanzitutto cercare di vivere quanto più possibile una Chiesa di popolo, non creandoci, come Associazione, una realtà nostra di Chiesa. Vogliamo vivere la realtà ecclesiale nell’ordinario, inserendoci nelle parrocchie, nella pastorale ordinaria che si svolge nel territorio in modo da riempirla ulteriormente con la vita delle persone in difficoltà, ammalate e sole. Compiere un pellegrinaggio anche all’interno delle parrocchie.

Questo significa anche che cercherete di allargare l’esperienza Unitalsi a tanti altri potenziali volontari?

L’Unitalsi è un’esperienza educativa. Cerchiamo di incontrare le persone, educarle a dare la disponibilità a camminare con le persone malate. Cerchiamo volontari e famiglie che vogliono aprirsi per sentire la presenza delle persone in difficoltà, malate, povere, dei bambini, così come la sentiamo noi nel pellegrinaggio.

L’Unitalsi ha sempre mostrato vicinanza e passione verso i bambini, in modo speciale quelli malati…

La passione verso i bambini è anche quella verso le loro famiglie. Abbiamo vissuto esperienze di pellegrinaggio con tanti piccoli malati, e le loro famiglie. Il bambino ha bisogno di una forte carica affettiva intorno a sé. Noi vorremmo essere un presenza affettiva soprattutto per quelle famiglie che, per seguire i loro figli, devono recarsi negli ospedali più grandi di Italia, quelli specializzati, dove è facile sentirsi soli. In quei momenti sono famiglie senza famiglia, senza territorio. Noi vogliamo essere il territorio di questi nuclei familiari.

Da tempo la famiglia si trova al centro di aspri dibattiti…

Noi vogliamo offrire la bellezza della famiglia come ce l’ha consegnata il Signore. Non combattiamo nessuno. L’Unitalsi ha imparato ad accogliere tutte le persone, sia che vivano sofferenze e difficoltà, sia grandi esperienze di amore e di affettività. Ciò che a noi interessa è mostrare la bellezza della famiglia dove il Signore è presente e testimoniarla tra le famiglie stesse. Non si tratta di fare appelli ma di vivere concretamente la testimonianza di un’esperienza che “vale la pena”, come è l’esperienza familiare proposta dalla Chiesa e dalla comunità. Testimoniamo una bellezza proponibile.

Siamo nella stagione dei pellegrinaggi, Lourdes, Loreto, Terra Santa. Quali iniziative metterete in campo?

Lourdes è un po’ la nostra casa. Ora stiamo lavorando anche per Fatima, in vista del centenario delle apparizioni. Per la Terra Santa, dove abbiamo in atto tante iniziative, cercheremo di portare tanti pellegrini. Il calo dei pellegrinaggi dovuto alla presunta mancanza di sicurezza ci impone di farlo. Il pellegrinaggio in Terra Santa è inevitabilmente connotato dalla condivisione della esperienza di carità che la Chiesa locale ha avviato. Non si può essere pellegrini senza essere uomini e donne di carità. Noi accompagniamo i nostri pellegrini, i nostri malati, a conoscere la vita delle comunità locali e le loro difficoltà quotidiane.

E per il Giubileo della misericordia?

Questo è un tempo di misericordia e di accoglienza verso tutti. Anche per chi viene in pellegrinaggio senza credere. Importante è che voglia fare un’esperienza di umanità. Ripartire da qui: condividere un’esperienza di umanità. Ci attendono due grandi appuntamenti giubilari, a giugno e a settembre, per i malati e i volontari. Saremo presenti con tutti i nostri malati e volontari.