Una «vocazione nella vocazione». Così Cesare Bidinotto, sposato con Cristina dal 1989 e ordinato nel 2005, definisce il diaconato, ministero che «si è inserito gradualmente nel matrimonio» e nella sua vita. Architetto e insegnante di Tecnologia, Arte e Immagine nella scuola secondaria di primo grado, Bidinotto svolge il suo servizio presso il presidio di riabilitazione neuropsichiatrica Corberi a Limbiate (Mb).
Come ha accolto la sua prima e attuale destinazione?
Con trepidazione, in quanto non conoscevo nulla di quell’ambito. La prima volta che ho varcato il cancello del presidio e ho incontrato i degenti, mi è venuto in mente il quadro di Munch intitolato L’urlo, dove viene espressa la disperazione, la paura, lo smarrimento, l’angoscia e il senso di solitudine dell’uomo, dato che questo è un luogo di sofferenza, fragilità ed emarginazione.
Qual è il suo compito?
Assistente spirituale. Perciò io e la mia équipe di volontari cerchiamo, per quanto ci è possibile, di stare vicino ai malati, ai loro familiari e a chi di loro si prende cura. Mi occupo delle celebrazioni domenicali, cercando di prepararle al meglio, e organizzo momenti di preghiera e di incontro. Fino a quattro anni fa era anche possibile fare attività di volontariato con un gruppetto di persone autosufficienti, per le quali era stato coinvolto anche il Seminario di Milano. Un’esperienza arricchente per tutti. Inoltre con la diocesi di Milano abbiamo organizzato un convegno sulla malattia mentale e corsi di formazione nell’ambito della pastorale della salute, grazie ai quali ho conosciuto le persone di tutte le cinque parrocchie di Limbiate attive in questo ambito e con le quali collaboro anche al di fuori del presidio. A seguito della ristrutturazione in corso di questo luogo, molti degenti sono stati trasferiti in altre strutture e sono rimasti i casi gravi; quindi attualmente, insieme alle associazioni di volontariato accreditate, stiamo tenendo acceso il lumino della fede in attesa di quello che la Regione farà di questo luogo.
Come è riuscito a conciliare il servizio diaconale con il lavoro e la famiglia?
Per poter conciliare il servizio diaconale – che comporta anche la formazione permanente – con la famiglia e il lavoro bisogna fare delle scelte: quali priorità metti nella tua scala di valori? Io sono un architetto professionista, nonché docente, al presidio Corberi svolgo il servizio diaconale principalmente il sabato e la domenica, ma anche nel lavoro ho occasione di stare accanto alle persone e ai loro bisogni, soprattutto con l’ascolto e la preghiera.
Sua moglie l’ha sempre appoggiato e le è stata vicino?
Cristina mi è sempre stata vicino dall’inizio del cammino. Come coppia seguivamo già dal 1996 il movimento ecclesiale del Rinnovamento nello Spirito, dove la vocazione è nata. Perciò non ho avuto alcun problema nel rapporto coniugale. Mia moglie mi è stata vicino con la preghiera, la condivisione, la riflessione su come veniva riplasmata la nostra vita grazie a questa vocazione che secondo me coinvolge tutta la famiglia.
Pensa che il diaconato abbia arricchito anche il suo matrimonio?
Penso che il diaconato sia un dono al quale va dato spazio e tempo per crescere all’interno del matrimonio. Noi ci siamo sempre fidati dei formatori e ci siamo affidati al Signore. Certamente questa esperienza particolare che stiamo vivendo presso il presidio Corberi, grazie al ministero, ci ha fatto prendere coscienza di cosa significhi essere cristiani e rispondere alla domanda: «Per chi vivo?». Inoltre il diaconato è un cammino di conversione e di santità che arricchisce la tua persona, il matrimonio e riplasma anche le relazioni con gli altri.