La comunità delle Piccole Apostole di Gesù ha origine nel 1957, nella bassa milanese, per ispirazione di un sacerdote ambrosiano: don Cesare Volontè, incoraggiato dal cardinale Schuster.
Le Sorelle hanno come proprio fondamento il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio: vivere come Gesù a Nazareth una vita evangelica in mezzo ai più poveri e lontani dalla Chiesa, senza strutture (ospedali, scuole, asili…): contemplazione da vivere sulle strade, senza un monastero, condividendo il più possibile la vita della gente in mezzo alla quale sono inviate, abitazione simile al contesto, abito semplice, lavoro umile e manuale, nei quartieri di periferia, nei villaggi, nelle città.
Parole d’ordine: vicinanza, condivisione, affabilità, testimonianza evangelica, povertà, umiltà e preghiera.
La prima terra di missione è la bassa milanese; poi, dopo il Concilio, sarà la volta del Burundi nel 1971, del Brasile nel 1992 e del Nepal nel 2002. La presenza in Burundi è favorita dall’incontro di don Cesare Volontè con monsignor Makarakiza, vescovo di quel Paese che, compreso il desiderio della comunità, offre loro un luogo dove cominciare, in una vallata del Paese africano, senza vie di comunicazione, senza una presenza stabile di missionari, tra gente poverissima con problemi di ogni tipo, materiali, culturali e spirituali. Mutoyi, il «buco», come dice il suo nome in lingua locale.
Alcuni sacerdoti diocesani le affiancano fin dall’inizio; in breve tempo i primi laici chiedono di partire desiderosi di condividere con la comunità quell’avventura missionaria, con lo stesso stile, poveri tra i poveri, camminando a fianco alla gente. Dopo soli sei anni una giovane del posto con timidezza chiede se può partecipare anche lei alla vita della comunità. Poi, piano piano tante altre e diventa un segno questa vita comune di Sorelle africane e italiane. Ma come affrontare quel mare di problemi, senza grossi mezzi? Come vivevano le Sorelle per lievitare la situazione di vita dei fratelli burundesi e per fare loro conoscere la vita nuova del Vangelo? Come le vedeva la gente? Lo stupore dei primi tempi da parte della gente burundese, diventa presto simpatia e familiarità: vedono quelle giovani Sorelle (che chiamano «mama»), da poco arrivate, sudare per sistemare le loro casette (troppo piccole e povere, secondo il vescovo che passa a vedere dopo qualche tempo come se la cavano i suoi missionari). Le vedono poi zappare il loro pezzetto di orto; fare tutti i lavori di casa senza l’aiuto di un «boy»; pregare a lungo inginocchiate nella chiesa-portico di Mutoyi. E poi le vedono ancora camminare sulle colline e con emozione le accolgono nei loro poveri tuguri dove mancano anche gli sgabelli per sedersi e si srotola una semplice stuoia per terra. Altre volte le Sorelle portano un gruppo di bambini sporchi e cenciosi alla fonte e li aiutano a lavarsi con qualche pezzo di sapone; insegnano alle ragazzine a cucire quei loro abiti stracciati; si siedono a leggere un pezzetto di Vangelo e a raccontare la vita di Gesù.
È bello riunire i giovani in cooperativa per insegnare a coltivare qualche verdura, per arricchire in vitamine il pasto quotidiano di tuberi o per vendere al mercato e guadagnare qualche soldo da dividersi. Poi, sempre accompagnate dai giovani si può andare a coltivare il campo della vedova, dell’orfano, della vecchietta imparando dal vivo la carità cristiana…; portare qualche pezzo di legna; costruire la casa che sta crollando fabbricando mattoni di argilla; curare una piaga o togliere le pulci penetranti dai piedi di chi non può o non vede. Sono piccoli gesti di carità a cui partecipano volentieri anche i nostri laici italiani.
Cosa sei lì a fare? Ci ricorda il nostro padre fondatore: «Lì dove sei non dovrai compiere opere particolari, ma tutta la tua vita testimoni le beatitudini di Gesù; ciò che fai sia occasione per manifestare i valori evangelici e varrà tanto quanto saprà parlare di Dio e di Gesù; la tua vita parli di bontà…».