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12 maggio

Una relazione di cura per “gustare” la vita

In corso in questi giorni online un convegno promosso dalla Pastorale della Salute della Cei. Su questo tema la sessione plenaria a cui interverrà in presenza l’Arcivescovo. Ne parla il coordinatore scientifico Gianni Cervellera

di Annamaria Braccini

7 Maggio 2021
Gianni Cervellera

Parlare di salute, ma anche di come ripartire tra speranze e nuove consapevolezze. Gianni Cervellera, teologo, operatore pastorale laico presso il Centro Sant’Ambrogio – Fatebenefratelli di Cernusco sul Naviglio, definisce così, in estrema sintesi, il significato del convegno «Gustare la vita, curare le relazioni» (per seguirlo info su www.convegnosalute.it/lesessioni/), promosso dall’Ufficio della Pastorale della Salute della Cei, evento di cui è coordinatore scientifico.

Mercoledì 12 maggio l’Arcivescovo parteciperà in presenza a uno degli incontri plenari. Di che cosa si tratta?
Il convegno è il XXII nazionale e si tiene a Milano come sede concreta da cui viene trasmesso online. Era già previsto per lo scorso anno, ma poi siamo stati costretti a rinviarlo. Speravamo di realizzarlo totalmente in presenza almeno nel 2021, ma non è stato comunque possibile. Tuttavia la parte centrale e le sessioni plenarie si tengono a Milano. Il convegno si compone di 14 sezioni tematiche per poi proseguire, dal 10 al 13 maggio, con un’assise plenaria.

Quali sono i temi delle sezioni tematiche?
Vertono su diversi aspetti della salute e della sanità: si va dall’autismo alla psichiatria, dalle cure palliative agli effetti del digitale, alla prevenzione, solo per citare alcuni esempi. Poi tutto confluirà nelle “plenarie” che hanno come argomento complessivo «Gustare la vita, curare le relazioni».

Appunto, «gustare» la vita: questa parola può anche indicare quel perdere il gusto dell’esistenza che l’Arcivescovo ha più volte sottolineato, parlando di un’emergenza spirituale…
Da quattro anni l’Ufficio Nazionale Cei propone un’attenzione specifica sui sensi: quest’anno si è scelto il gusto, evidentemente anche per il suo significato simbolico. Se la vita, infatti, perdesse il suo gusto, che senso avrebbe? Su questo vogliamo riflettere, abbinando la questione al tema delle relazioni, perché tutti ci siamo accorti – quest’anno forse più che in altre situazioni -, che quando non si sa come regolarsi nella pratica medica e con i farmaci, l’unica possibilità sono le relazioni, anche nella cura. Ciò che risana una persona sono proprio le relazioni: perché uno dovrebbe curarsi, se non ha nessuno accanto? Chi conosce la realtà ospedaliera, sa quanto sia importante avere una presenza, anche soltanto silenziosa, nel recupero terapeutico dei malati.

Essere in presenza a Milano, ovviamente, richiama l’attenzione su una città e una regione particolarmente colpite dal Covid. La pandemia è il convitato di pietra del convegno?
Sì, tanto che, soprattutto nelle sezioni online, molti hanno chiesto di riflettere sulle singole tematiche volgendo lo sguardo anche al tempo che stiamo vivendo. Non a caso, poi, nelle riunioni plenarie si registra la partecipazione di grandi centri ospedalieri cattolici, come la Fondazione Don Gnocchi, l’Auxologico, la Sacra Famiglia, La Nostra Famiglia e molte altre realtà che hanno dato il loro contributo.

C’è una parola che è icona, l’emblema di questo ritrovarsi nel convegno sulla salute della Cei 2021?
Non posso che tornare ai termini-guida del convegno: il gusto e l’importanza delle relazioni. Aggiungerei, però, la speranza che nasce dal vivere tali dimensioni. Come cristiani abbiamo la possibilità di dare sempre speranza, anche quando non vi è guarigione possibile, guardando alla grande Speranza, quella eterna.

 

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