Un tweet è sempre troppo breve, generalizzante, emotivo. La descrizione della realtà avrebbe bisogno di mediazione e subordinazione logica per essere compiuta. Ma ci sono eccezioni. Qualcuno per esempio – come biasimarlo? – si sente ben rappresentato da ciò che l’utente “djspessore” verga sul proprio profilo: «Hai presente quando sei fermo in stazione, parte il treno… ma in realtà a muoversi è quello di fianco e non il tuo? Ecco, così è la vita!». Nell’immagine si riflettono tutti coloro che gravitano, per mille motivi, attorno agli scali ferroviari: poveri, migranti, a grave rischio di emarginazione. L’accesso ai binari – ovunque nel mondo – attira come il miele chi ha una vita priva di miele.
È così anche a Monza. La Stazione è stata ideata come terminal della seconda linea aperta in Italia, nel 1840, dopo la Napoli-Portici. I fasti regali dell’epoca, tuttavia, hanno lasciato il passo alla prosa dell’attualità. Per questo motivo la locale Caritas, coordinata da don Augusto Panzeri, aprirà presso il sito un “Punto di Comunità”, uno Sportello Info-lab.
Il progetto di fattibilità è concluso. La preparazione è stata remota: operatori specializzati hanno raccolto questionari presso gli utenti della Stazione; si è tenuto un seminario sull’accoglienza; la Caritas cittadina ha iniziato un tavolo di confronto. Ora si è giunti alla elaborazione del progetto esecutivo. A supporto di questa start-up, sono arrivati anche seimila euro dai fondi 8×1000 della Chiesa cattolica.
«La Caritas è capofila di questo progetto – dice don Panzeri -. Esso riuscirà quanto più coordinerà tutti coloro che già operano presso la stazione: enti pubblici, associazioni, forze dell’ordine. Il loro lavoro potrebbe essere complementare/integrativo rispetto agli ambiti da noi considerati. In particolare sono già presenti in loco City Angels, Lule, Exit/Comunità nuova, Suore del Pime…». Ma potrebbero essere coinvolti anche Fs – Grandi Stazioni, Fondazione MB, Il Cittadino, i Giovani Musulmani.
Il primo passo – continua don Panzeri – «prevede la strutturazione di un punto di ascolto per analizzare i problemi e mappare le richieste e i fattori di esclusione che costringono le persone in questa situazione». In seguito si auspica l’apertura di uno “sportello” durante gli orari di maggior presenza nella Stazione, gestito da operatori specializzati e mediatori linguistici, che potranno offrire indicazioni per accedere ai servizi presenti sul territorio.
Infatti, precisa don Panzeri, «lo sportello potrà essere ubicato in un locale da individuare all’interno o nei pressi della Stazione. Nella prima fase del progetto non si offriranno direttamente beni o prestazioni, ma si indirizzeranno i richiedenti verso competenze già presenti altrove». Solo maturando la seconda fase si ipotizza l’attivazione di «un servizio di centro diurno a bassa soglia con cui instaurare una relazione di lavoro di équipe e presa in carico degli utenti a cui si aggiunge un lavoro comune con i dormitori del territorio».
I frutti che si attendono da un simile sforzo sono ad ampio raggio. Una presenza d’aiuto organizzata, infatti, contrasterà le attività illegali e il degrado sociale; il coinvolgimento dei cittadini, inoltre, porterà a rivivere uno spazio; l’occasione, infine, permetterà la costituzione di una rete di volontari, di enti e di associazioni per progettare eventi e attività non solo occasionali.
Anche questa è una conferma della validità trentennale di una prassi italiana: il Sovvenire.