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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Milano

Un monastero in Siria, una mostra racconta la storia

Ad Azer, vicino al confine con il Libano, cinque suore trappiste svolgono il loro servizio malgrado la guerra, la pandemia e il terremoto che hanno sconvolto il Paese. Al Monastero benedettino di via Bellotti una esposizione multimediale allestita dal 20 al 28 gennaio

di Giorgio PAOLUCCI

17 Gennaio 2024
Il monastero di Azer

Un piccolo segno che rimanda a una grande Presenza. Un monastero abitato da cinque suore trappiste e intitolato a Maria, fonte della pace. Sorge sulla collina di Azer, in Siria, vicino al confine con il Libano, in una zona rurale abitata da sunniti e sciiti con due piccoli villaggi cristiani. Nel 2005 sono arrivate in quattro – tutte italiane- dal monastero cistercense di Valserena (Pisa) per raccogliere l’eredità dei confratelli di Tibhirine, rapiti e uccisi nel 1996 in Algeria, e tenere vivo il carisma cistercense in terra araba. Nel 2017 le ha raggiunte una quinta consorella, angolana. La costruzione del complesso, avviata nel 2008, dovrebbe concludersi definitivamente alla fine di quest’anno, ma il luogo è diventato da tempo un’oasi di pace e di bellezza in un Paese martoriato.

Presenza profetica

La mostra multimediale «Azer, l’impronta di Dio. Un monastero nel cuore della Siria» – inaugurata l’agosto scorso al Meeting per l’amicizia tra i popoli di Rimini e ora allestita a Milano (vedi qui la locandina) – ne racconta la storia e mette in evidenza il valore profetico di questa presenza, soprattutto in un tempo in cui la violenza e la contrapposizione sembrano prevalere in Medio Oriente.

Sono stati anni difficili, questi: la guerra in Siria dal 2011 è costata più di 500 mila morti, enormi devastazioni e l’esodo di milioni di persone; nel 2020 è arrivato il Covid, nel 2022 un’epidemia di colera, l’anno scorso il terremoto. C’era più di un motivo per andarsene, ma le monache non sono mai venute meno alla loro vocazione di presenza orante e operosa, testimoniando il Vangelo e tessendo legami di amicizia con la popolazione, fatta di musulmani e cristiani. Con l’aiuto delle maestranze locali hanno continuato a costruire il monastero, trasformando una collina incolta in un piccolo paradiso fiorito e coltivato, hanno scavato un pozzo e installato pannelli solari per dare acqua ed energia ai villaggi intorno: per la gente del posto sono ormai «le nostre suore».

Le cinque religiose

Eredi di una tradizione millenaria

«Apparteniamo a questa terra, a questa gente e a questa storia – racconta la superiora, suor Marta Luisa Fagnani, nativa di Como -. Per noi è una vocazione nella vocazione. Siamo qui per testimoniare l’amicizia di Cristo per ogni persona e ci sentiamo eredi della millenaria tradizione monastica che proprio in Siria ha mosso i primi passi. Quando tutto sembra crollare, si deve restare attaccati all’essenziale. Per mantenere viva la speranza è fondamentale offrire uno spazio d’incontro dell’uomo con Dio che diventi per tutti un segno della possibilità di camminare con Lui».

Attraverso video, foto e testi, la mostra descrive l’avventura di queste donne fragili e indomite che, in mezzo alla guerra, a epidemie e devastazioni, edificano un monastero con la certezza incrollabile che la presenza di Dio e la bellezza della sua opera sono un contributo fondamentale per ricostruire la convivenza tra genti di diverse culture che per secoli hanno abitato la terra siriana.

La mostra è visitabile dal 20 al 28 gennaio dalle 11 alle 19 presso il monastero di San Benedetto in via Felice Bellotti 10 (ingresso libero, prenotazioni: asscharlespeguy@gmail.com). Venerdì 19 alle 21 il Centro Culturale di Milano (largo Corsia dei Servi 4) ospita un incontro inaugurale al quale interverranno i curatori Marco Pippione e Alberto Mazzucchelli, padre Francesco Ielpo, delegato del Custode di Terra Santa, e suor Maristella, priora del monastero che ospita la mostra.