La Porta Santa che il papa Francesco ha aperto in Africa domenica scorsa resterà nella storia. Una scelta dirompente rispetto alla tradizione della Chiesa che ha sempre visto inaugurare il Giubileo nella solenne cornice della basilica di San Pietro. Ma se si pensa al pontificato di Bergoglio, fin dalla sera della sua elezione, e si rileggono in filigrana tantissimi discorsi e omelie, non stupisce che il Papa abbia scelto una «periferia del mondo» per inaugurare il Giubileo della Misericordia. L’Africa, terra martoriata, segnata da fame, povertà, corruzione, guerre, persecuzioni… ha però una ricchezza inestimabile rappresentata dai suoi giovani, come ha sottolineato nei giorni scorsi papa Francesco.
L’Africa è anche un Paese che attrae persone da varie parti del mondo, uomini e donne, giovani e adulti, a lavorare, a dedicare tempo ed energie alla causa dei poveri e degli ultimi. Come Rita Fossaceca, medico volontario dell’associazione umanitaria ForLife Onlus, uccisa settimana scorsa in Kenya durante una rapina in casa. Ma sono migliaia le persone che ancora oggi in Africa, a diverso titolo, si impegnano e collaborano in vari ambiti: educativo, sanitario, sociale… le storie da raccontare sarebbero tante. Come quella del dottor Valentino Arcuri, chirurgo in pensione, alla soglia dei 70 anni, che da due mesi si trova in Zambia, dove sta dando una mano all’ospedale di Chirundu, il Mtendere Mission Hospital, sostenuto dalla Diocesi di Milano e gestito dalle Suore di Maria Bambina e dal Celim. Arcuri, dopo 25 anni di chirurgia generale e di trapianti, ha concluso la sua carriera come primario all’ospedale di Genova e una volta in pensione «dalla sera alla mattina mi sono sentito tagliato fuori». La grande esperienza non poteva finire nel nulla: «Mi sembrava di passare male la giornata senza riuscire a fare qualcosa per aiutare gli altri». Poi finalmente la svolta. Tre anni fa è andato in Madagascar e l’anno scorso ha scoperto lo Zambia e l’ospedale di Chirundu. Al Mtendere Mission Hospital è tornato anche quest’anno per affiancare suor Erminia Ferrario in sala operatoria. «Qui la medicina è completamente diversa dalla nostra – dice Arcuri -. Il chirurgo lo può fare chiunque, ma è difficile dare un’indicazione rispetto alle risorse dell’ospedale, alle complicanze che si possono avere e al fatto che le cure non devono diventare più gravose della malattia stessa».
«In d’Africa le patologie sono estreme, tutte portate all’eccesso, per questo la chirurgia qui è più soddisfacente, perché è risolutiva e se ne vedono subito i vantaggi». In ospedale arriva di tutto, anche persone morse da serpenti o aggredite da coccodrilli e ippopotami.
Arcuri elogia il Mtendere Mission Hospital e dice: «Qui hanno già fatto un bel lavoro educazionale, le donne infatti vengono a partorire in ospedale, dove c’è l’incubatrice e anche il programma di vaccinazioni è molto avanzato. Credo che sia un’oasi felice per la stessa Africa».
Venerdì scorso il chirurgo è rientrato in Italia per trascorrere il Natale in famiglia. L’Africa è davvero «un altro mondo», perché «un conto è sentire o leggere di certe situazioni, altro è viverci dentro». I viaggi in Madagascar e in Africa hanno cambiato anche il suo rapporto con i figli. «In Italia la gente si riempie la testa di tante sciocchezze, che invece in Zambia non hanno alcun significato. E certe cose che per noi sono normali, qui rappresentano una ricchezza, come l’acqua potabile o mangiare diversificato tutti i giorni». Ma quello che più lo colpisce a Chirundu, «è la dignità delle persone, sia nella malattia, sia nell’allegria». Nonostante la povertà e la fame.