Chi guarda e non vede perché è ottuso, pigro e superficiale; chi attraversa la vita senza accorgersi della presenza del Signore; chi non capisce (o, più spesso, non vuole capire) che la salvezza e la santità non sono condizioni estranee all’esistenza di tutti i giorni.
A dirlo, nella basilica di Sant’Ambrogio dove presiede il Rito di consacrazione nell’Ordo Virginum di due nuove consorelle ambrosiane, è l’Arcivescovo.
Monica Pignataro di Cusano Milanino e Debora Villa di Asso – l’una infermiera presso un’unità operativa di cardiologia ospedaliera, la seconda impiegata in una multinazionale -, si aggiungono così alle circa 700 “Ordo” presenti in tutta Italia di cui 108 nella sola Diocesi di Milano. Moltissime di loro partecipano al Rito concelebrato da diversi sacerdoti, dal vicario episcopale per la Vita Consacrata femminile, il vescovo monsignor Luigi Stucchi, e da don Davide Milanesi, delegato arcivescovile per l’Ordo Virginum, che porge il suo saluto introduttivo. Ringraziamento per una scelta di consacrazione che «diventa invito per tutti a scorgere, nelle vicende del nostro tempo, la presenza di Dio capace di ridare respiro e speranza».
Nelle parole dell’Arcivescovo il richiamo al presente si fa ancora più stringente nella chiarezza con la quale definisce stili e modi di essere di noi, distratti cristiani del Terzo millennio.
La riflessione dell’Arcivescovo
«Si può essere ottusi, si può guardare e non vedere: lo sguardo curioso passa rapido sui volti, sugli eventi e sulle notizie e non vede né l’abisso né la gloria. Si può ascoltare e non capire: i suoni e le parole, le armonie e gli stridori entrano nelle orecchie e il pensiero non trattiene che un’impressione precaria e insignificante. Non comprende né la parola amica, che rivela il mistero, né la voce diabolica che semina disperazione. Altri suoni, altri stridori e armonie entrano nelle orecchie ottuse senza lasciare tracce e domande».
Nello stesso modo di sperimenta la fede: «Si può vivere anche dentro la storia di Gesù senza capire, vivendo tutto come una banalità che si ripete, dove le persone sono etichettate. I volti diventano maschere senza spessore di una recita che lo sguardo ottuso guarda come una telenovela. Gli eventi divengono fatti di cronaca giudicati con slogan e archiviati come una collezione di fotografie. Le nascite, le morti, le vocazioni, gli scandali diventano numeri di una statistica senza volto e senza senso».
Ma poi, in quel “ma” che emerge sempre se si va al profondo e all’essenziale della vita, c’è la casa che si riempie di profumo per la presenza del Signore. Come avvenne nella visita di Gesù alla casa a Betania, non a caso, il brano di Giovanni voluto dalle consacrande. «l’ordinario si rivela abitato dalla gloria. Lo sguardo ottuso, il pensiero pigro, la superficialità sbrigativa sono visitati, contestati e convertiti dall’effusione del profumo riempie tutta la casa di quell’aroma che il calcolo utilitaristico giudica come uno sperpero e che la formalità del galateo giudica un gesso sconveniente».
«Debora e Monica hanno scelto questa pagina di Vangelo per aiutarci a capire il significato della loro consacrazione e come nella storia ordinaria abiti la gloria di Dio. Chi si consacra nell’Ordo Virginum non cambia vestito, abitazione, occupazione, ma rende profumata la vita di sempre. Riceviamo da questa decisione, che si è definita con il discernimento della Chiesa, un invito a partecipare allo sguardo di Gesù e ad ascoltare la sua parola». Anche nel più giornaliero e, apparentemente, insignificante degli eventi e dei fatti.
«L’amore del Signore, che trasfigura la vita dei suoi figli, non è un altrove, la fantasia di un’altra condizione. La salvezza non è estraniata dal quotidiano. È qui, dove si condividono gli affetti, le responsabilità, le paure, le speranze, le tribolazioni, le feste. Proprio il nostro corpo, con tutte le sue fragilità, è tempio dello Spirito santo».
Da qui l’insegnamento che ognuno può trarre, pur nella diversità delle scelte e dei carismi personali: «Queste vergini che si consacrano possono suscitare domande, persino ricevere obiezioni grette e meschine, sorprendere con la loro consacrazione, ma lo stupore di un momento è un aiuto ad avere coscienza della verità di sempre. Abbiamo buone ragioni per aver stima di noi stessi e degli altri, Siamo un profumo inestimabile, che solo di tanto in tanto può essere apprezzato, ma che sempre è il tesoro della nostra vita».
«Evitiamo di essere ottusi e superficiali, perché sappiamo quale profondità è custodita nel cuore di ciascuno, in questa storia che, talvolta, attraversiamo con giudizi sbrigativi e dove possono, invece, essere vivi i sentimenti, raccomandati da Paolo, di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, di pazienza. Tutto quello che è quotidiano può essere fatto nel nome di Gesù. Per questo siamo grati a queste sorelle e a tutte le consacrate che ci richiamano a quale alta dignità siamo chiamati e a come può essere promettente il gesto di ogni giorno. Tutto può essere santo: la sveglia del mattino, il viaggio per andare al lavoro, l’esercizio della professione, il saluto in famiglia e al collega, la visita al malato, il catechismo, la riunione di condominio come la partecipazione al consiglio comunale»
La consacrazione, insomma, indica un modo di vedere la storia e l’esistenza: «non è una pratica eroica, ma solo l’obbedienza al Signore che chiama per incaricare qualcuno per rivelare a tutti la gloria di Dio».
Poi, i momenti dell’intensa liturgia della consacrazione, con la chiamata per nome e l’accensione della lampada; il “Sì, lo voglio”, le Litanie dei Santi, il rinnovo del proposito di castità, la preghiera di consacrazione e i riti esplicativi attraverso i segni della consegna dell’anello, – che esprime l’unione sponsale è la fedeltà a Cristo – e del Libro della liturgia delle Ore, la preghiera della Chiesa, ricevuto dalle ormai consacrate come dono e impegno.