Cosa significa ri-accogliere e ri-percorrere questa “antica” avventura tra gli splendori del bello nell’ambito di una riflessione sul senso profondo e sulle modalità da ricercare e mettere in atto nell’ambito di una nuova evangelizzazione? Occorre credere che il “linguaggio dell’arte” è uno strumento non solo valido, ma necessario ed opportuno al “linguaggio della fede”. Un linguaggio che parla con profondità ed efficacia sia ai più giovani come agli adulti e che può aiutare ogni fascia di età a scoprire o ad approfondire i contenuti della fede.
Sorprende spesso come la genuina intuizione e la freschezza di visione dei più piccoli di fronte a un’opera d’arte cristiana siano capaci di avvicinare a verità profonde che spesso la sola parola ha difficoltà ad esplicitare. Non di meno stupisce come lo stesso mondo degli adulti chiamati a confrontarsi con capolavori accantonati o catalogati dentro stereotipi ricordi di studi o di conoscenze solo storiche o estetiche, riscoprano la loro “vera voce” quale eco forte e chiara della Verità che in Cristo si è fatta persona.
Illuminante a questo proposito è senza dubbio l’affermazione di padre Marie Dominique Chenu nel suo trattato La teologia del XII sec., dove a proposito delle realizzazioni artistiche dice che esse sono «non solo delle illustrazioni estetiche, ma dei veri “luoghi” teologici». Un’espressione che credo possa coinvolgere l’arte cristiana, quando è veramente tale, di tutti i tempi compresa la nostra contemporanea di fronte alla quale spesso ci si arrocca in pregiudizi superficiali e anche di comodo. Nella lettera agli artisti del 1999 Giovanni Paolo II cita la Sacrosanctum Concilium, dove si definisce «nobile ministero quello degli artisti quando le loro opere sono capaci di riflettere l’infinita bellezza di Dio e indirizzare a Lui le menti degli uomini». Fa riferimento anche alla Gaudium et spes, dove si afferma che, grazie all’arte, «la conoscenza di Dio viene meglio manifestata e la predicazione evangelica si rende più trasparente all’intelligenza degli uomini». Nella nostra Diocesi si vanno oramai diffondendo lodevoli esperienze in questo senso e diverse sono le parrocchie che propongono questo binomio “arte e catechesi”. La nostra stessa Cattedrale offre possibilità di visite non solo di «taglio» turistico, ma veri itinerari tematici che aiutano a riscoprire il luogo come spazio per la liturgia, la preghiera e l’approfondimento o la riscoperta della stessa fede.
Da due anni, per il pio esercizio della Via Crucis, il nostro Cardinale ha voluto in Duomo delle opere d’arte che fossero spunto e filo conduttore della preghiera e delle riflessioni quaresimali. Tutti sanno come proprio in questo mese accanto all’ambone è stata collocata la copia in gesso della Pietà Rondanini di Michelangelo, ultima sua opera di struggente bellezza intrisa di una coinvolgente intimità e spiritualità capace di illuminare il senso cristiano del morire e del vivere. Nella chiesa di San Raffaele, vicino al Duomo, si è appena concluso il ciclo quaresimale di quattro incontri intitolato “Pregare con arte”: un insieme di momenti di contemplazione suggeriti dagli affreschi di Giotto alla Scrovegni intervallati da brani musicali e letture di pagine di poesia e letteratura. Questo “Centro Eucaristico” nel bel mezzo di Milano, oasi di silenzio e di preghiera, vuole proprio ampliare la sua vocazione di luogo di “adorazione” facendo anche dell’arte uno strumento di evangelizzazione e di predicazione. In alcune occasioni particolari la stessa omelia della messa vigiliare prende spunto da capolavori d’arte. Attualmente ospita oltre al “velo sindonico” di Mimmo Paladino, una istallazione di arte contemporanea intitolata Crux, di Davide Coltro, che fa uso del linguaggio tecnologico più avanzato e attraverso la “pittura digitale” propone, al di là, del segno forte della croce immagini di cielo in continua trasformazione.