Quegli anni hanno conosciuto anche una singolare fame della Parola di Dio da parte dei giovani…
Ricordo che un gruppo di giovani di Azione cattolica mi chiese di spiegare loro come pregare partendo dalla Scrittura. Proposi loro di ritrovarci in Duomo e io avrei risposto alla loro domanda. La prima sera scesi in Duomo con molto timore perché pensavo di trovare cento persone. Erano molte di più. La seconda sera, pensavo, saranno la metà. E invece erano il doppio e così crebbe il numero. Ogni volta che scendevo in Duomo non osavo guardare perché pensavo fosse vuoto, poi mi accorgevo che era pieno e prendevo coraggio. Imparai a capire quanto i giovani sono capaci di pregare e fare silenzio.
Nel suo magistero episcopale lei ha privilegiato l’ascolto della Parola rispetto alle prescrizioni. Il vescovo deve essere prescrittivo?
Certamente, ma il suo primo compito è quello indicato da san Tommaso là dove parla dell’obbedienza del Figlio al Padre nella Passione. Non comandò al Figlio di andare alla Passione, ma gliene infuse la grazia. Così il vescovo, prima di comandare deve ricolmare di Spirito Santo e dare le motivazioni profonde così che l’obbedienza diventi spontanea e gioiosa.
Il suo episcopato è stato caratterizzato anche da una singolare attenzione ai non credenti. Pensiamo alla Cattedra dei non credenti…
Mi sono sempre chiesto dove sono quelli che non vedo, quelli che non vengono in chiesa e ho cercato di arrivare a loro sia attraverso la Cattedra, ma anche con tanti scritti sulla stampa laica così da far sentire la voce del vescovo anche a coloro che non credono o non praticano. E mi ha stupito il fatto che tra le molte lettere che ho ricevuto lasciando la diocesi molte erano di non credenti o non praticanti che riconoscevano un qualche legame spirituale con il mio ministero. Questo mi ha molto confortato.
Lei non è stato certo un vescovo “notaio” che si limita a prendere atto delle più diverse esperienze che si ritengono suscitate dalla libertà dello Spirito. Lei ha proposto cammini precisi per la Chiesa diocesana non sempre recepiti dai diversi movimenti presenti in diocesi…
Non ho per nulla una concezione “notarile” del servizio episcopale. Mi pare che il vescovo deve anzitutto guardare Gesù e in Lui la Chiesa e da qui trarre il discernimento per la sua Chiesa. I cammini particolari dei diversi movimenti sono anch’essi sottoposti allo sguardo complessivo e unificatore del vescovo. Per me, vescovo, è sempre stato importante questo sguardo di sintesi secondo lo spirito del Vangelo giudicando ogni cosa alla luce del Discorso della Montagna.