Andrea Riccardi
«TRADURRE IL CONCILIO SULLA SCENA EUROPEA GLOBALE»
“Il nostro parlare e vivere la speranza non comincia e non finisce solo con il mondo italiano”, che “ormai dipende da più vasti orizzonti”. Lo ha detto Andrea Riccardi, docente di storia contemporanea all’Università “Roma Tre”, introducendo ieri sera il confronto con esponenti della cultura europea, che ha concluso la terza giornata del IV Convegno ecclesiale nazionale di Verona. “Èinevitabile pensare la speranza in termini europei”, ha affermato il relatore, secondo il quale “in un mondo globalizzato è difficile pensare al mondo solo a partire dal territorio. Ogni territorio è una terrazza sul vasto mondo. Spesso invece ci rannicchiamo nel nostro angolo; una posizione che, anche se naturale, diventa perdente”.
“Si è detto di tradurre il Concilio in italiano”, ha ricordato Riccardi citando indirettamente la prolusione del card. Tettamanzi: “Ma oggi, a 30 anni dal primo Convegno ecclesiale nazionale – ha aggiunto – forse il problema è pensare il Concilio, pensare la fede, sulla scena europea. Bisogna fare i conti con una dimensione di speranza al plurale”.
“Il cristianesimo di popolo è una risorsa per il Paese, nonostante la crisi e nei momenti di crisi”, ha detto Riccardi concludendo ieri sera il confronto con esponenti della cultura europea. “Giovanni Paolo II – ha ricordato lo storico – ha avuto il merito di cogliere il cattolicesimo italiano come un cristianesimo popolare complesso, fatto di tanti segmenti, non uguali, non divaricati e da non lasciar divaricare”.
Solo il cristianesimo di popolo, secondo Riccardi, è la via che “ci libera dalla dittatura del pessimismo o dall’ottimismo di maniera”. “Un cristianesimo di popolo – ha aggiunto – è un cristianesimo dove non si separa la conoscenza intellettuale da una conoscenza affettiva e popolare”, capace di uscire “dal gergo dell’ecclesialese” per “far crescere un linguaggio che parli di Dio e della vita, della Bibbia come grammatica e lingua della preghiera dei cristiani”.