A quasi due mesi dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas e dopo 6 giorni di flebile tregua, basata sullo scambio di prigionieri, la situazione in Terra Santa è purtroppo tornata a farsi arroventata sul fronte militare e politico, e cupa sul versante umanitario.
Le distruzioni e lo stato di acutissima emergenza sono dominanti a Gaza. La metà degli edifici sono devastati, tutte le infrastrutture hanno subito danni. Non viene più distribuita acqua potabile, né alcuna forma di approvvigionamento alimentare o di altri. Caritas Gerusalemme, organismo pastorale del Patriarcato latino e socio membro della rete Caritas Internationalis, sottolinea che il proprio centro medico a Gaza (perno di un articolato sistema di servizi di salute) è ancora in piedi, pur danneggiato e bisognoso di riparazioni. Gran parte dello staff si è però spostato, insieme a buona parte del resto della popolazione, verso il Sud della Striscia. I profughi hanno potuto approvvigionarsi di viveri e altri beni di base, in questi ultimi giorni, ma con grandissime difficoltà. E avrebbero necessità di incisivi e forti aiuti d’urgenza.
Cristiani in fuga
La drammatica condizione di insicurezza, a Gaza, riguarda naturalmente anche l’esigua comunità cristiana. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, ha dichiarato che circa un migliaio di cristiani sono riuniti in due complessi nella città occupata dalle forze militari israeliane; circa 700 sono rifugiati nel complesso della Chiesa cattolica latina, circa 200 nella vicina Chiesa ortodossa (leggi qui).
A Gaza Caritas attende che tornino a manifestarsi le condizioni per la riapertura del Centro di salute gestito dai suoi operatori e che possano tornare a muoversi in sicurezza, cosa impossibile sotto i bombardamenti, le tre cliniche mobili che assicurano cure mediche di base alla popolazione, a prescindere dalle appartenenze religiose e culturali.
La morte del farmacista
Intanto, dopo la tragedia occorsa un mese prima a Viola Al ‘AMash e ai suoi familiari, i membri dell’organismo pastorale piangono la morte di un secondo loro collega: Issam Abedrabbo, 35 anni, vedovo, farmacista per Caritas Gerusalemme dal 2019, ha perso la vita sotto un bombardamento israeliano insieme a due dei suoi piccoli figli, mentre il terzo (3 anni) è miracolosamente sopravvissuto.
Nonostante questi lutti, e in attesa che la situazione sul terreno consenta di tornare all’operatività anche a Gaza, i colleghi di Caritas Gerusalemme continuano a operare in Israele e nei territori occupati della Cisgiordania, nei quali più di 200 mila palestinesi dall’inizio della crisi non hanno più potuto lavorare, a causa della sospensione dei permessi di spostamento (oltre che per la generale condizione di instabilità, determinata dagli attentati terroristici, dagli scontri militari e con i coloni israeliani): tale circostanza produce un impatto elevato sul grado di autosufficienza di migliaia di famiglie.
Liberare l’accesso ai convogli umanitari
Per questo motivo, Caritas Gerusalemme concentra i suoi sforzi, in modo crescente, proprio sulla Cisgiordania, dove nei giorni scorsi si è recato in visita Alistair Dutton, Segretario generale di Caritas Internationalis, il quale tra le altre cose ha ribadito alle parti in conflitto la richiesta di un cessate il fuoco permanente e di un accesso dei convogli umanitari libero e sicuro all’intero territorio di Gaza.
Caritas Ambrosiana, in accordo con Caritas Italiana e nel quadro dell’iniziativa del network internazionale Caritas, continua a seguire con apprensione la situazione in Terra Santa, garantendo preghiere per il dono della pace, vicinanza alle persone e alle comunità che, su entrambi i fronti, sono vittime della violenza e della guerra, e infine un concreto sostegno all’operato di Caritas Gerusalemme. Per questo motivo ha scelto di dedicare l’iniziativa “Regali solidali Natale” proprio alle vittime del conflitto e prosegue la raccolta fondi Emergenza Terra Santa (vedi qui sotto).