“In Cristo nella Chiesa per il mondo. Percorsi di vita comunitaria” è il tema della 59ª Assemblea nazionale dell’Usmi (Unione superiore maggiori italiane), che si terrà a Roma, presso la Pontificia Università Urbaniana, dall’11 al 13 aprile. Nei tre giorni dei lavori interverranno, tra gli altri, l’arcivescovo monsignor Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per la Vita Consacrata; Cettina Militello teologa; Marco Guzzi filosofo; don Mario Aldegani ex-presidente Cism e p. Lorenzo Prezzi direttore de Il Regno. Il Sir ha posto alcune domande alla presidente dell’Usmi, madre Viviana Ballarin.
Come guardare alla vita religiosa femminile oggi?
La vita fraterna in comunità è un dono che si radica nel mistero della Trinità e nel desiderio di Dio di fare di tutti gli uomini una sola famiglia, la sua famiglia di figli. Noi siamo state chiamate a vivere insieme per esprimere nel tempo e nella storia questo mistero di comunione e di unità. Pertanto la missione specifica della vita religiosa è di esprimere nel tempo e spiegarlo con la vita che Dio è amore e comunione, e che questo amore e questa comunione sono per tutti. Non si tratta quindi, ancora una volta, di pensare o di guardare alla vita religiosa come ad un ente erogatore di servizi, seppur caritativi, ma piuttosto si tratta di riconoscere in essa un dono prezioso di “presenza”: Dio-comunione è reso visibile dall’amore delle sorelle che vivono insieme.
Si può parlare di “nuova evangelizzazione” con una particolare declinazione da parte delle religiose?
L’evangelizzazione è sempre nuova perché la novità è insita nel Vangelo, è Gesù stesso. Ogni volta che nella Chiesa e mediante la Chiesa un fratello o una sorella incontra Gesù e la sua proposta di vita, lì c’è la novità. La vita religiosa è carisma-dono posto al cuore della Chiesa, per cui non può non riconoscersi totalmente investita dello stesso mandato di annunciare il vangelo sino ai confini del mondo, senza risparmi. Mi pare di poter affermare dunque che il proprium della missione evangelizzatrice delle religiose sta nella radicalità della loro dedicazione a servizio del Vangelo.
Cosa significa il 50° dell’Usmi in un momento per la vita della Chiesa come quello attuale centrato sulla riscoperta della “fede” (Anno della Fede, indetto dal Papa)?
In occasione del 50° dell’Usmi abbiamo pubblicato un libro, uscito in questi giorni Sognare si può, Usmi… tra storia e profezia. È una storia bella; un pezzo di strada che viene raccontata guardando al futuro. Le nostre madri hanno sognato e hanno dato vita all’Usmi perché avevano una grande fede. Noi oggi, continuiamo a sognare, immergendo sempre di più le nostre vite nelle zolle insidiose, dure, aride e infeconde della nostra storia, ma ogni giorno riprendiamo il cammino perché siamo ostinatamente radicate nella Promessa. Il nostro sogno è che questa bella coincidenza: anno della fede / giubileo dell’Usmi, possa diventare occasione preziosa per la crescita della fede in molti.
Quali sono oggi i carismi prevalenti tra gli istituti religiosi femminili? E come dialogano con la società secolarizzata?
Sono personalmente convinta che non esistono “carismi prevalenti”. Ogni carisma scaturisce dal cuore di Dio ed è dato a una persona per il bene di molti. Il suo impatto con le singole persone o con la società del nostro tempo dipende dalla disponibilità o meno di questi ad accogliere il dono. La nostra società secolarizzata esprime oggi una certa autosufficienza, è convinta di poter vivere bene anche senza i doni con i quali Dio gli si fa incontro. A volte l’indifferenza costituisce l’ostilità più forte. Ma noi sappiamo che ogni carisma è dono di misericordia; solo la misericordia vince il “mondo”.
Quali “provocazioni” potrebbero essere oggi accolte dalle religiose nella società e nella cultura di oggi?
Credo una sola provocazione, che è anche il senso del loro essere e del loro fare: perseverare, nonostante le molteplici tentazioni e condizionamenti da cui sono circondate, a vivere e a testimoniare con gioia l’assoluto di Dio nella loro vita.