I 213 ex bambini di strada dell’Angola. I 250 giovani, tra i 15 e i 25 anni, che in Madagascar frequentano le scuole di formazione professionale. Le 600 famiglie che hanno bisogno di un aiuto socio-economico e sanitario e gli orfani vittime dell’Aids in India. I 50 bambini, da 0 a 6 anni, con disabilità fisiche o mentali in Libano. Sono alcuni dei beneficiari degli ultimi progetti finanziati dal Comitato Cei per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo. Nella riunione tenutasi a Roma dal 23 al 24 gennaio, infatti, sono stati approvati 79 progetti, per i quali saranno stanziati complessivamente 8.751.204 euro. Ne parliamo con don Leonardo Di Mauro, responsabile del Servizio Cei per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo.
Può aiutarci a capire l’attività del Comitato e le modalità con cui vengono decisi gli stanziamenti?
L’attività del Comitato rispecchia, in modo emblematico, l’impegno della Chiesa italiana a favore del terzo mondo. A gennaio sono stati approvati 79 progetti. Nella penultima riunione, quella di dicembre 2014, i progetti approvati sono stati 98 per uno stanziamento di 16.255.793 euro e nella prossima riunione di febbraio saranno valutati altri 95 progetti. Il Comitato, attualmente presieduto dal vescovo Alfonso Badini Confalonieri, si riunisce 8 volte. Tutti i progetti pervenuti al Servizio per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo e ritenuti idonei secondo il regolamento sono analizzati, valutati e poi distribuiti ai membri del Comitato che, a loro volta, analizzano e valutano ogni progetto. Nella riunione del Comitato avviene il confronto delle due valutazioni e, collegialmente, si decide di approvare totalmente o in parte, respingere o mettere in istruttoria per un approfondimento.
I fondi utilizzati vengono messi a disposizione del Comitato dalla Cei, che riparte nelle diverse voci previste l’intera somma dell’8xmille attribuita alla Chiesa cattolica. Segno dell’importanza di questo strumento, nonostante le accuse di “scarsa trasparenza” e le richieste di un ridimensionamento del sistema…
I fondi messi a disposizione del Comitato sono andati aumentando negli anni fino ad arrivare alla quota attuale di 85 milioni di euro che è una cifra consistente. È il segno che la Cei ha a cuore le periferie del mondo e intende raggiungerle anche attraverso progetti di formazione e di sviluppo umano e sociale. L’8xmille è senz’altro una grande risorsa con cui la Chiesa italiana fa tanto bene.
A proposito di trasparenza, come seguite l’evolversi dei vari progetti?
Una volta approvato il finanziamento, l’erogazione della somma avviene in diverse rate. Ogni rata erogata dev’essere rendicontata attraverso un rapporto contenente la descrizione delle attività effettuate, la copia dei documenti di spesa e la documentazione fotografica. Verificata la rendicontazione e riscontrata l’idoneità della documentazione si procede all’erogazione della rata successiva. A volte l’evoluzione del progetto viene seguita tramite visite sul posto.
In questi anni di crisi non è calata l’attenzione della Chiesa italiana verso i più poveri del mondo. Ne è testimonianza la quota attuale di 85 milioni di euro destinati dalla Cei agli interventi caritativi per il terzo mondo…
L’attenzione ai poveri da parte della Chiesa nasce con lo stesso cristianesimo, anche se poi, nei singoli e nelle comunità, rischia di addormentarsi un po’. Papa Francesco, con i suoi gesti e le sue parole, c’incoraggia alla condivisione e alla solidarietà. Di fronte alle richieste sempre più numerose, spero che gli italiani continuino a dare fiducia alla Chiesa con la destinazione dell’8xmille a suo favore, affinché questo fondo possa crescere.
Ci può raccontare gli ultimi progetti approvati?
Si tratta di realtà riguardanti l’alfabetizzazione, la salute, l’agricoltura, l’artigianato, la promozione dei diritti umani, l’educazione alla pace, la formazione professionale, l’integrazione sociale, ecc. Tra i progetti posso segnalare quello in Angola, per il reinserimento sociale e l’avvio di percorsi verso la vita autonoma di giovani a rischio. Oppure quello in Madagascar, per la formazione professionale nel settore della falegnameria e della meccanica. E ancora in India, per lo sviluppo socio-economico e sanitario di famiglie e orfani vittime dell’Aids. Un progetto-pilota, infine, verrà realizzato in Libano, per la costruzione di un centro per bambini da 0 a 6 anni affetti da autismo.
Cosa accomuna queste storie di speranza e, per certi versi, di riscatto?
Direi il bisogno di non sentirsi abbandonati ma accompagnati fraternamente nel cammino dello sviluppo integrale delle persone e delle comunità.
Insomma, la finestra sulle periferie – per usare un’espressione cara a Papa Francesco – è sempre aperta?
Certamente, se spalanchiamo le finestre sulle periferie del mondo, non solo geografiche ma anche esistenziali, può circolare l’aria fresca dell’amore. Se le chiudiamo, diventiamo autoreferenziali e l’aria diventa asfittica.