«Guardarsi dai nemici, coltivare una spiritualità, avviare percorsi»: sono queste le tre indicazioni offerte da monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, ai partecipanti al convegno «Essere prossimi alle fragilità: Chiesa creativa», tenutosi questa mattina al Teatro del Centro culturale Angelicum a Milano.
L’incontro è stata l’occasione per riflettere sia sul modo in cui le istituzioni sanitarie e socio-sanitarie cattoliche hanno attraversato il tempo della pandemia, sia sul contributo che possono dare al dibattito sulla riforma del servizio sanitario lombardo.
«I nemici naturalmente non sono persone o istituzioni – ha spiegato monsignor Delpini, a cui sono state affidate le conclusioni, in qualità di presidente della Conferenza episcopale lombarda -, ma atteggiamenti sbagliati: per esempio la miopia, non guardare abbastanza lontano, oppure l’emotività nella reazione alle notizie che spesso danno un’idea distorta di quello che succede, o ancora l’avidità di fronte a disponibilità di grandi risorse che ora arrivano dall’Europa e fanno nascere l’idea di ottenere qualcosa anche se non è dovuto».
«Coltivare una spiritualità significa essere fedeli al carisma dei fondatori dei vari istituti che fanno parte di questo mondo dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria cattolica – ha proseguito -. Fondatori che con l’aiuto di tanti hanno dato vita a ciò che è arrivato a noi. Occorre non ridursi solo a un’attività operativa: spiritualità, oltre che fiducia in Dio, significa avere una visione illuminata e comprensiva dei problemi».
Infine, ha suggerito l’Arcivescovo, occorre avviare percorsi. «Per esempio serve un ripensamento, una precisazione di quelli che devono essere i rapporti con le istituzioni, con l’amministrazione pubblica. Ho raccolto oggi un certo disagio dei nostri enti sul tema dei rapporti istituzionali, il non sentirsi sufficientemente considerati e ascoltati dall’amministrazione pubblica nel servizio che svolgono».
Dopo i saluti di monsignor Paolo Martinelli, vescovo ausiliare di Milano e delegato della Cel per la Pastorale della salute, il convegno si era aperto con i brevi interventi della vicepresidente e assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti e del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana.
L’assessore Moratti, dopo aver sottolineato come «curare la persona, non la malattia, è lo spirito della revisione della legge sulla sanità regionale a cui stiamo lavorando, con un’attenzione particolare ai più fragili e con l’obiettivo di rafforzare la prossimità dei servizi», ha ringraziato la Chiesa cattolica e le sue istituzioni sanitarie e socio-sanitarie in Lombardia per «l’inestimabile contributo offerto in questo periodo di pandemia e per il valore aggiunto nel costruire insieme uno scenario in cui garantire il benessere fisico e spirituale delle persone». Una gratitudine espressa anche dal presidente Fontana, che ha affermato di essere «particolarmente orgoglioso di questa riforma che verrà presto presentata. È una riforma che nasce dall’ascolto, dal desiderio di dare spazio a tutti coloro che hanno un contributo fattivo da offrire alle istituzioni».
Nelle due sessioni del convegno, introdotte da monsignor Luca Bressan (Vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale della Diocesi di Milano), sono intervenuti Roberto Franchini (docente dell’Università Cattolica di Brescia) e Mariagrazia Ardissone (direttore Academy di San Giovanni di Dio – Ordine ospedaliero Fatebenefratelli), moderati da Virginio Bebber (presidente nazionale Aris, Associazione religiosa istituti socio-sanitari) e successivamente don Marco Bove (presidente Fondazione Sacra Famiglia) e Fabrizio Giunco (direttore del dipartimento cronicità della Fondazione Don Carlo Gnocchi), moderati da Franco Massi (presidente nazionale Uneba, Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale).