Link: https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/sul-lavoro-i-cristiani-coscienza-critica-del-paese-199213.html
Sirio 01 - 10 novembre 2024
Share

Milano

Sul lavoro i cristiani coscienza critica del Paese

Nella Giornata di studio promossa dal Centro Studi di Spiritualità della Facoltà Teologica, alla presenza dell’Arcivescovo, sono state messe a tema la dimensione umana e spirituale del lavoro. Dagli interventi del cardinale Bassetti e di Savino Pezzotta emersa la necessità di immaginare diversamente il mondo occupazionale  

12 Gennaio 2018

È un tema che interessa tutti, quello affrontato nell’affollata Giornata di studio promossa dal Centro Studi di Spiritualità della Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, presso la sede della stessa Facoltà. Titolo dell’assise, alla presenza dell’Arcivescovo e con le relazioni del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, e del già deputato Savino Pezzotta, è infatti, “Il lavoro: dimensione umana e dimensione spirituale”.

Che questo sia un passaggio cruciale lo sottolinea anche monsignor Mario Delpini nel saluto iniziale al convegno, cui partecipano il preside della Facoltà don Massimo Epis, il vicepreside don Alberto Cozzi, diversi tra Vescovi e sacerdoti, molti allievi dell’ateneo. Modera il dibattito don Antonio Montanari, direttore del Centro Studi di Spiritualità. «La spiritualità cristiana ha qualcosa da dire su questioni che interessano l’esistenza, su temi di attualità che sono una provocazione per riflettere intorno a problematiche contemporanee – osserva Delpini -. Come Arcivescovo sento la responsabilità di incoraggiare questa interazione tra il vissuto e le domande che la comunità cristiana si pone sulla vita come luogo dove lo Spirito di Dio si rivela. Sostengo questo camminare insieme nel quale istituzioni accademiche prestigiose, come la Facoltà Teologica, hanno, a loro volta, la responsabilità di intravedere percorsi promettenti di interpretazione teologica e di pratica virtuosa della vita ordinaria».

«Non si abita la terra se non la si lavora, se non la si trasforma»: con la voce chiara e scandita di chi da tanti anni dice quello che pensa sul lavoro e sulla crisi, Savino Pezzotta, sindacalista di lungo corso, già segretario nazionale della Cisl, racconta come vede oggi le trasformazioni del mondo dell’occupazione e, troppo spesso, della disoccupazione. Mutamenti profondi, nei quali l’incidenza delle nuove tecnologie va valutata come elemento fondamentale, osserva Pezzotta nel suo articolato intervento, “Il lavoro, luogo privilegiato della testimonianza dei cristiani”. «Bisogna pensare al lavoro in termini non solo quantitativi, ma anche qualitativi, come quella professionalità che siamo in grado di creare per i nostri giovani. I Santi “sociali” dell’800 abituavano i ragazzi a entrare nella rivoluzione industriale», continua. Basti pensare a don Bosco, a cui si deve la stesura del primo contratto di apprendistato. «Per esempio, perché non fare degli oratori anche luoghi nei quali insegnare a lavorare?», si chiede  allora il relatore, che si dice contrario al salario minimo garantito «che mi pare puro assistenzialismo, mentre occorrerebbe pensare a un nuovo welfare e alla necessità di una ri-articolazione degli orari degli occupati, per permettere ai genitori di stare con i figli. Qui il ruolo dei cristiani è cruciale. La sperimentazione che abbiamo tentato di vivere negli anni scorsi è ciò che oggi, in sostanza, ci chiede il Papa. Testimoniare il cristianesimo significa incamminarsi nella realtà, cogliendo i segni dei tempi, seguire l’incarnazione ed essere facitori di speranza, cercando di risolvere i problemi». Come a dire, se esiste «un’industria 4.0 devono esserci gli strumenti per formare lavoratori 4.0».

Da un profilo di alta spiritualità, coniugato con alcune esperienze pastorali concrete vissute da Vescovo, si avvia la riflessione del cardinale Bassetti che, Pastore a Massa Marittima e ad Arezzo, racconta di aver toccato con mano la sofferenza di centinaia di lavoratori rimasti disoccupati e delle loro famiglie. Da quel “pane e Grazia”, con cui Giorgio La Pira raccomandava di vivere l’impegno cristiano in politica e sulle questioni del lavoro, al ricordo di don Lorenzo Milani, fino all’excursus sulle encicliche sociali a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII («un grande trattato di teologia morale»), il quadro delineato dal presidente della Cei offre spunti per analizzare la vicenda del lavoro come missione che Dio ha affidato all’uomo. Problema fondamentale, specie nel cambiamento di epoca che stiamo vivendo, come ha detto papa Francesco. «Non dobbiamo avere paura di elaborare una teologia del lavoro. Qui la dimensione sacrale è evidente: il lavoro è, quindi, un fattore di edificazione della società e di energia sociale. In questa ottica, esso diviene un elemento di umanizzazione della società». Il pensiero va a Montini e alla sua Populorum progressio, dove il lavoro si inserisce in una dimensione di umanesimo integrale della persona. E, ancora, alla Laborem exercens di San Giovanni Paolo II, in cui è bene dell’umanità e realizzazione dell’uomo.

«Mi rallegro – scandisce il Cardinale – se vedo dei progressi, ma cerco di essere anche coscienza critica, se no non serviamo come cristiani. Bisogna ripensare un sistema sociale che non faccia pagare ai giovani le trasformazioni e gli errori, altrimenti ho paura che, specie nelle regioni più povere, perderemo intere generazioni. Per dare vita a un’economia dell’inclusione che salvaguardi la dignità umana, che custodisca la casa comune e che, soprattutto, attribuisca al lavoro un significato sacro, è forse necessaria, accanto allo sviluppo di una nuova teologia del lavoro, una proposta sociale e culturale che si può riassumere nella formula: “lavorare meglio, lavorare tutti”». Proposta che Bassetti articola in 4 punti: il rapporto tra il lavoro e la tecnica; la precarietà del lavoro; l’idolatria dello stesso che rischia di far perdere di vista la dimensione autenticamente umana; il rapporto con la festa. «Questo è un punto decisivo che va ulteriormente sviluppato, magari ipotizzando anche in Italia l’esistenza di un periodo di pausa per tutti i lavoratori» e salvaguardando ovviamente la domenica.