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Motu proprio

«Spiritus Domini, nessuno escluso dal sacro»

«Il Papa restituisce alle donne l'autorevolezza nel loro rapporto con l'altare»: la sociologa Giulia Paola De Nicola valuta la portata dell'accesso al ministero del lettorato e dell'accolitato a partire dal «coraggio» di Bergoglio

di Maria Michela NICOLAIS

12 Gennaio 2021

«Un bel colpo a quel tetto di cristallo che le donne si trovano ancora oggi ad affrontare nella società, ma anche nella Chiesa». Così la sociologa Giulia Paola De Nicola definisce la lettera apostolica in forma di Motu Proprio “Spiritus Domini”, con la quale papa Francesco concede per la prima volta alle donne, in forma stabile e istituzionalizzata con un apposito mandato, l’accesso al ministero del lettorato e dell’accolitato, finora appannaggio dei soli uomini. «Oggi è un giorno di gioia – afferma -. Sicuramente ci sarà chi si scandalizza», ma la strada, grazie al coraggio di Bergoglio, è ormai tracciata. La posta in gioco: l’autorevolezza delle donne, perché «nessuno può essere escluso dal sacro».

Cosa significa questo Motu Proprio per le donne?
È un giorno di gioia per tante donne. Nel mondo cattolico c’è di tutto, ci sono posizioni e sensibilità differenti, ma – a quanto mi risulta già dai primi echi – la maggioranza delle donne è felice e ringrazia papa Francesco per il suo coraggio nel seguire l’ispirazione dello Spirito Santo che lo guida. Il Motu Proprio è un atto di giusto riconoscimento: da ora le donne potranno leggere in Chiesa e la Parola di Dio e svolgere un servizio all’altare. L’hanno sempre fatto, ma in forma privata. La decisione presa dal Papa è qualcosa che inerisce al profilo delle donne in quanto tali e che non ha precedenti: da ora in poi, la possibilità per le donne di svolgere questi due ministeri non è più legata al singolo parroco o ai vari avvicendamenti interni alla parrocchia, ma è un’istituzione in quanto tale. È un bel colpo a quel tetto di cristallo che le donne si trovano ancora oggi ad affrontare nella società, ma anche nella Chiesa: un colpo dolce, piccolo, ma molto carico di significato.

Come pensa che verrà accolta questa decisione del Papa?
Sicuramente ci sarà anche chi si scandalizza: coloro che piangono su una tradizione violata, o che ritengono che il Motu Proprio non sia in sintonia con il magistero precedente. È vero invece il contrario: è stato scandaloso che ogni fedele sia stato scelto finora per questi due ministeri solo in virtù del sesso maschile. Questo è scandaloso, ed è stato accettato dalle donne in spirito di unità. L’iniziativa del Papa ci rafforza nella fiducia in ciò che il Signore fa, nel successore di Pietro e in tutta la Chiesa. A tutte le donne che sono scontente nella Chiesa dimostra che ci vuole fiducia e pazienza, perché lo Spirito agisce ma ha i suoi tempi: con il Motu Proprio, il Papa restituisce alle donne l’autorevolezza di essere degne del rapporto con Dio sull’altare. Nessuno può essere escluso dal sacro.

Il Motu proprio è un ulteriore tassello nel dibattito sulle “nuove forme di ministerialità laicale”, auspicate al termine del Sinodo sull’Amazzonia…
È un tema che papa Francesco ha posto tra le priorità fin dall’inizio del suo pontificato, con particolare attenzione al ruolo della donna. Ci sono state difficoltà, la Chiesa è fatta del parere di tanti, ma con questo Motu Proprio il Santo Padre ha dimostrato il coraggio che gli compete, sia come Papa, sia come persona: lo dimostra la sua storia, il modo in cui ha svolto il ruolo di Provinciale dei Gesuiti in Argentina. Come scrive nell’Evangelii gaudium, si tratta di avviare processi, ascoltando i pareri degli altri, ma a un certo punto occorre anche decidere, sennò il prezzo che si paga è quello di rallentare il cammino.

Declericalizzazione da una parte, e maggiore presenza delle donne “nell’organizzazione e nella decisione”. È già una prassi, per la comunità ecclesiale?
Io credo che ci sia ancora molta strada da percorrere, sia su questo versante che su quella che il Papa chiama «reciprocità» tra il ministero ordinato e i ministeri laicali, soprattutto quelli al femminile. Si procede a piccoli passi, ma lo Spirito Santo soffia da quella parte: sta a noi raccoglierne i palpiti, i frutti che darà di volta in volta. Come ci insegna Papa Francesco, più importante della dottrina, nella Chiesa, è l’unità. E la sinodalità non è pensarla allo stesso modo, ma camminare tutti nella stessa direzione.  

In che modo, secondo lei, il Motu Proprio si pone in relazione al lavoro svolto dalla Commissione sul diaconato femminile, istituita dal Papa, e alla questione del sacerdozio femminile?
La cosa interessante e degna di nota, ma mio avviso, è il fatto che il Papa non ne parli esplicitamente nel Motu Proprio. Non dice dei “no”, non tocca l’argomento. Dichiara, nel testo, di aver sentito i vari dicasteri: si è mosso, in altre parole, secondo uno stile sinodale, fatto di ascolto e all’insegna della collegialità e dell’unità. Ognuno è stato sollecitato e ha avuto modo di esprimersi con franchezza – la parrésia raccomandata a più riprese da Francesco nel suo pontificato – ma poi la parola finale spetta al successore di Pietro. Il punto di partenza sono state le istanze mosse dalla base, dal tessuto ecclesiale nella sua varietà e concretezza.