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La Diocesi nel Cammino sinodale

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Vaticano

Sinodo: votato il documento finale, non ci sarà l’esortazione del Papa

Approvazione con la maggioranza qualificata dei due terzi. La parte sul ruolo delle donne ha ricevuto il maggior numero di voti contrari. Il Pontefice consegnerà il frutto del lavoro al «santo popolo fedele di Dio»

di Maria Michela NICOLAIS Agensir

28 Ottobre 2024
Il Papa e l'assemblea sinodale al termine dei lavori (foto Vatican Media / Sir)

Approvato con la maggioranza qualificata dei due terzi il documento finale della seconda sessione del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, svoltasi in Vaticano dal 2 al 27 ottobre (leggi qui il testo integrale). Papa Francesco ha annunciato di non voler pubblicare un’esortazione apostolica, ma di voler consegnare al «santo popolo fedele di Dio» il frutto di questi tre anni di lavoro, al cui ultimo tratto di strada hanno partecipato 368 padri e madri sinodali, di cui 272 vescovi e 96 non vescovi, riunitisi nei tavoli appositamente allestiti in Aula Paolo VI.

Il ruolo delle donne, lo statuto delle Conferenze episcopali, l’esercizio del ministero petrino nell’ottica di una «sana decentralizzazione» tra i temi presenti nel documento, che rispecchia l’andamento del processo sinodale, cui parallelamente si è affiancato quello dei dieci Gruppi di studio costituiti per volere del Papa, che continueranno ad approfondire le questioni più discusse fino al giugno 2025.

Tra le proposte del documento, anche «una revisione della normativa canonica in chiave sinodale, che chiarisca tanto la distinzione quanto l’articolazione tra consultivo e deliberativo e illumini le responsabilità di coloro che nelle diverse funzioni prendono parte ai processi decisionali».

Il ruolo delle donne

«In forza del battesimo, uomini e donne godono di pari dignità nel Popolo di Dio. Eppure, le donne continuano a trovare ostacoli nell’ottenere un riconoscimento più pieno dei loro carismi, della loro vocazione e del loro posto nei diversi ambiti della vita della Chiesa, a scapito del servizio alla comune missione». È quanto si legge nel documento finale a proposito del tema che ha provocato più dibattiti in Aula Paolo VI. «Le donne costituiscono la maggioranza di coloro che frequentano le chiese e sono spesso le prime testimoni della fede nelle famiglie», si legge al n. 60, che ha ricevuto il maggior numero di voti contrari di tutto il documento finale: 97. L’assemblea sinodale invita a «dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto vigente relativamente al ruolo delle donne, in particolare nei luoghi dove esse restano inattuate. Non ci sono ragioni che impediscano alle donne di assumere ruoli di guida nella Chiesa: non si potrà fermare quello che viene dallo Spirito Santo. Anche la questione dell’accesso delle donne al ministero diaconale resta aperta. Occorre proseguire il discernimento a riguardo. L’Assemblea invita inoltre a prestare maggiore attenzione al linguaggio e alle immagini utilizzate nella predicazione, nell’insegnamento, nella catechesi e nella redazione dei documenti ufficiali della Chiesa, dando maggiore spazio all’apporto di donne sante, teologhe e mistiche».

Più figure femminili nei Seminari

Lungo il processo sinodale, è stata ampiamente espressa la richiesta che i percorsi di discernimento e formazione dei Candidati al ministero ordinato siano configurati in stile sinodale. È quanto si legge al n. 148, approvato con 40 voti contrari. «Ciò significa che devono prevedere una presenza significativa di figure femminili, un inserimento nella vita quotidiana delle comunità e l’educazione a collaborare con tutti nella Chiesa e a praticare il discernimento ecclesiale. Ciò implica un investimento coraggioso di energie per la preparazione dei formatori», si propone nel testo, in cui l’assemblea chiede una revisione della Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis «che recepisca le istanze maturate nel Sinodo, traducendole in indicazioni precise per una formazione alla sinodalità».

Lo statuto delle Conferenze episcopali

«In una Chiesa sinodale, la competenza decisionale del Vescovo, del Collegio Episcopale e del Vescovo di Roma è inalienabile, in quanto radicata nella struttura gerarchica della Chiesa stabilita da Cristo a servizio dell’unità e del rispetto della legittima diversità». È quanto si legge al n. 92 su una possibile “riforma” delle Conferenze episcopali. «Tuttavia, non è incondizionata», si precisa nel testo, in cui si definisce «inadeguata una contrapposizione tra consultazione e deliberazione: nella Chiesa la deliberazione avviene con l’aiuto di tutti, mai senza l’autorità pastorale che decide in virtù del suo ufficio». Per questa ragione, la proposta del documento finale, «la formula ricorrente nel Codice di diritto canonico, che parla di voto “solamente consultivo” (tantum consultivum), deve essere riesaminata per eliminare possibili ambiguità. Appare quindi opportuna una revisione della normativa canonica in chiave sinodale, che chiarisca tanto la distinzione quanto l’articolazione tra consultivo e deliberativo e illumini le responsabilità di coloro che nelle diverse funzioni prendono parte ai processi decisionali».

Il ministero petrino e la “decentralizzazione”

«La riflessione in merito all’esercizio del ministero petrino in chiave sinodale va condotta nella prospettiva della “salutare decentralizzazione” sollecitata da Papa Francesco e richiesta da molte Conferenze Episcopali». A ribadirlo è il n. 134 del documento finale, approvato con soli 18 voti contrari. Secondo la Praedicate Evangelium, si ricorda nel testo, tale decentralizzazione comporta «di lasciare alla competenza dei pastori la facoltà di risolvere nell’esercizio del loro proprio compito di maestri e di pastori le questioni che conoscono bene e che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa». Per procedere in questa direzione, la proposta del documento, «si potrebbe individuare attraverso uno studio teologico e canonico quali materie debbano essere riservate al Papa e quali possano essere restituite ai vescovi nelle loro Chiese o raggruppamenti di Chiese». Tra i luoghi per praticare la sinodalità e la collegialità a livello della Chiesa tutta spicca il Sinodo dei Vescovi, che conservando la sua natura episcopale «ha visto e potrà vedere anche in futuro nella partecipazione di altri membri del popolo di Dio».

Nessuna esortazione apostolica

«Alla luce quanto emerso cammino sinodale, ci sono e ci saranno decisione da prendere – ha detto papa Francesco nel discorso conclusivo -. In questo tempo di guerra dobbiamo essere testimoni di pace, anche imparando a dare forma reale alla convivialità delle differenze»

Il Santo Padre poi ha annunciato: «Non intendo pubblicare una esortazione apostolica, basta il documento approvato. Nel documento ci sono già indicazioni molto concrete che possono essere di guida per la missione delle Chiese, nei diversi continenti, nei diversi contesti. Per questo lo metto subito a disposizione di tutti, per questo ho detto che sia pubblicato. Voglio, così, riconoscere il valore del cammino sinodale compiuto, che tramite questo Documento consegno al santo popolo fedele di Dio».

«Su alcuni aspetti della vita della Chiesa segnalati nel Documento, come pure sui temi affidati ai dieci Gruppi di Studio, che devono lavorare con libertà, per offrirmi proposte, c’è bisogno di tempo, per giungere a scelte che coinvolgono la Chiesa tutta – ha spiegato Francesco -. Io, allora, continuerò ad ascoltare i vescovi e le Chiese affidate a loro». «Questo non è il modo classico di rimandare all’infinito le decisioni – ha precisato -. È quello che corrisponde allo stile sinodale con cui anche il ministero petrino va esercitato: ascoltare, convocare, discernere, decidere e valutare. E in questi passi sono necessari le pause, i silenzi, la preghiera. È uno stile che stiamo apprendendo insieme, un po’ alla volta. Lo Spirito Santo ci chiama e ci sostiene in un questo apprendimento, che dobbiamo comprendere come processo di conversione».

«Anche il vescovo di Roma – ha rilevato il Papa – ha bisogno di praticare l’ascolto, anzi vuole praticare l’ascolto, per potere rispondere alla Parola che ogni giorno gli ripete: “Conferma i tuoi fratelli e le tue sorelle… Pasci le mie pecore”». «Il mio compito – ha proseguito – è custodire e promuovere l’armonia che lo Spirito continua a diffondere nella Chiesa di Dio, nelle relazioni tra le Chiese, nonostante tutte le fatiche, le tensioni, le divisioni che segnano il suo cammino verso la piena manifestazione del Regno di Dio, che la visione del Profeta Isaia ci invita a immaginare come un banchetto preparato da Dio per tutti i popoli. Tutti, nella speranza che non manchi nessuno. Tutti, tutti, tutti! Nessuno fuori, tutti. E la parola chiave è questa: l’armonia. Quello che fa lo Spirito».

«Aprire le porte, senza erigere muri – si è raccomandato il Papa -. Quanto male fanno le donne e gli uomini di Chiesa quando erigono dei muri! Tutti, tutti, tutti! Non dobbiamo comportarci come dispensatori della grazia che si appropriano del tesoro legando le mani al Dio misericordioso. Ricordatevi che abbiamo iniziato questa Assemblea sinodale chiedendo perdono, provando vergogna, riconoscendo che siamo tutti dei misericordiati». Poi la citazione di Madeleine Delbrêl, «la mistica delle periferie», che esortava: «Soprattutto non essere rigido. La rigidità è un peccato che tante volte entra nei chierici, nei consacrati, nelle consacrate».

«Il Documento è un dono a tutto il Popolo fedele di Dio, nella varietà delle sue espressioni», ha sottolineato Francesco formulando, nel ringraziarli, una consegna precisa a quanti hanno partecipato e contribuito allo svolgimento del Sinodo: «È ovvio che non tutti si metteranno a leggerlo: sarete soprattutto voi, assieme a tanti altri, a rendere accessibile nelle Chiese locali ciò che esso contiene. Il testo, senza la testimonianza dell’esperienza compiuta, perderebbe molto del suo valore. Ciò che abbiamo vissuto è un dono che non possiamo tenere per noi stessi. Lo slancio che viene da questa esperienza, di cui il Documento è un riflesso, ci dà il coraggio di testimoniare che è possibile camminare insieme nella diversità, senza condannarci l’un l’altro. Veniamo da tutte le parti del mondo, segnati dalla violenza, dalla povertà, dall’indifferenza. Insieme, con la speranza che non delude, uniti nell’amore di Dio diffuso nei nostri cuori, possiamo non solo sognare la pace, ma impegnarci con tutte le nostre forze perché, magari senza parlare tanto di sinodalità, la pace si realizzi attraverso processi di ascolto, dialogo e riconciliazione. La Chiesa sinodale per la missione, ora, ha bisogno che le parole condivise siano accompagnate dai fatti. E questo è il cammino. Tutto questo è dono dello Spirito Santo: è lui che fa armonia, lui è l’armonia».