«Incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso». È la prospettiva del documento preparatorio del Sinodo dei giovani, in programma nell’ottobre del 2018, sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. A parlare del documento, prima della presentazione ufficiale in Sala Stampa vaticana, è stato lo stesso papa Francesco, con una lettera in cui assicura: «Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi». La Chiesa, a partire dai suoi pastori, «è chiamata a mettersi in discussione» per superare schemi, «rigidità» e linguaggi «anacronistici». Due le stelle polari del testo, rispetto al quale il nuovo Sinodo si pone «in continuità»: l’Evangelii Gaudium e l’Amoris Laetitia. Il documento termina con un questionario destinato alle Conferenze episcopali di tutto il mondo, che dovranno far pervenire le loro risposte entro la fine di ottobre; oltre alle 15 domande comuni, per la prima volta vengono introdotte tre domande specifiche per ogni continente. È prevista, inoltre, «una consultazione di tutti i giovani attraverso un sito Internet, con un questionario sulle loro aspettative e la loro vita»: dal 1° marzo, ha annunciato, infatti, il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, rispondendo ai giornalisti, sul sito sinodogiovani2018.va i giovani di tutto il mondo – anche non credenti – potranno rispondere a domande a loro dedicate, in via di elaborazione. Le risposte ai due questionari costituiranno la base per la redazione dell’Instrumentum laboris.
Ci sono molte «differenze» tra i giovani dei cinque continenti – la prima delle quali è quella tra maschile e femminile – ma ciò che accomuna i giovani tra i 16 e i 29 anni, si legge nel documento preparatorio del Sinodo, è il fatto di vivere «in un contesto di fluidità e incertezza mai sperimentato in precedenza». A fronte di «pochi privilegiati», molti vivono «in situazione di vulnerabilità e di insicurezza, il che ha impatto sui loro itinerari di vita e sulle loro scelte».
Tra le sfide da raccogliere, quella della «multiculturalità». In molte parti del mondo, i giovani sperimentano condizioni di «particolare durezza». Nonostante questi scenari spesso a tinte fosche, «non pochi» giovani «desiderano essere parte attiva dei processi di cambiamento del presente». Sul versante opposto il fenomeno dei “Neet”, cioè giovani non impegnati in un’attività di studio né di lavoro né di formazione professionale.
Una Chiesa «più vicina alla gente, più attenta ai problemi sociali»: così la vorrebbero i giovani, in un contesto in cui «l’appartenenza confessionale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono “contro”, ma stanno imparando a vivere “senza” il Dio presentato dal Vangelo e “senza” la Chiesa, salvo affidarsi a forme di religiosità e spiritualità alternative e poco istituzionalizzate o rifugiarsi in sette o esperienze religiose a forte matrice identitaria».
Quella dei giovani è una realtà sempre più «iperconnessa», con «opportuntà» e «rischi» da soppesare: per questo è «di grande importanza mettere a fuoco come l’esperienza di relazioni tecnologicamente mediate strutturi la concezione del mondo, della realtà e dei rapporti interpersonali e con questo è chiamata a misurarsi l’azione pastorale, che ha bisogno di sviluppare una cultura adeguata».
«Oggi scelgo questo, domani si vedrà». È l’assioma dominante che rende sempre più difficili le scelte dei giovani, che si traducono in «opzioni sempre reversibili» più che in «scelte definitive». In questo contesto, «i vecchi approcci non funzionano più e l’esperienza trasmessa dalle generazioni precedenti diventa rapidamente obsoleta».
«Riconoscere, interpretare, scegliere». Sono i tre verbi, presi dall’Evangelii Gaudium, in cui è riassunta l’essenza del «discernimento vocazionale». «Il percorso della vita impone di decidere, perché non si può rimanere all’infinito nell’indeterminatezza». Di qui l’importanza dell’accompagnamento personale, che non è «teoria del discernimento» ma capacità di «favorire la relazione tra la persona e il Signore, collaborando a rimuovere ciò che la ostacola». È «la differenza tra l’accompagnamento al discernimento e il sostegno psicologico».
«Uscire, vedere, chiamare». Sono i tre verbi dell’Evangelii Gaudium al centro della terza e ultima parte del documento, in cui si risponde alla domanda centrale del testo: «Che cosa significa per la Chiesa accompagnare i giovani ad accogliere la chiamata alla gioia del Vangelo, soprattutto in un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza?». La ricetta suggerita è «l’inclusione reciproca tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale, pur nella consapevolezza delle differenze».
«Uscire» è abbandonare gli «schemi» che incasellano le persone, vedere è «passare del tempo» con i giovani per «ascoltare le loro storie», chiamare è «ridestare il desiderio, smuovere le persone da ciò che le tiene bloccate, porre domande a cui non ci sono risposte preconfezionate».
Pastorale vocazionale, inoltre, «significa accogliere l’invito di papa Francesco a uscire, anzitutto da quelle rigidità che rendono meno credibile l’annuncio della gioia del Vangelo, dagli schemi in cui le persone si sentono incasellate e da un modo di essere Chiesa che a volte risulta anacronistico».
«Tutta la comunità cristiana deve sentirsi responsabile del compito di educare le nuove generazioni». È quanto si legge nella parte finale del testo, in cui si auspica il «coinvolgimento dei giovani negli organismi di partecipazione delle comunità diocesane e parrocchiali, a partire dai Consigli pastorali». No, quindi, «all’improvvisazione e all’incompetenza»: servono «adulti degni di fede, credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale». «Insostituibile» il ruolo educativo svolto dalle famiglie.