La Chiesa si sta incamminando velocemente verso il Sinodo sui giovani: manca ormai poco più di un anno e le varie Diocesi hanno messo in cantiere diverse iniziative preparatorie, che costituiscono la parte più preziosa di questo evento, il cui successo sarà determinato dal grado di coinvolgimento delle diverse realtà ecclesiali.
Un corale esame di coscienza sulle attese, i sogni, le paure, i progetti con cui il mondo giovanile si affaccia al futuro: della società e anche della Chiesa.
Questo è ciò che sta avvenendo nelle comunità locali dove questo appuntamento ecclesiale è stato preso sul serio, nella consapevolezza della serietà della questione del rapporto tra le generazioni. Un fervore di iniziative che interseca quotidianamente notizie inquietanti: i dati sulla disoccupazione giovanile che non accennano a diminuire, pur in presenza di un miglioramento complessivo della situazione occupazionale; il numero dei giovani che se ne vanno all’estero in cerca di un lavoro, o di una fiducia che qui non trovano o di qualcuno disposto a scommettere sulle loro risorse. E poi i fatti di cronaca, come l’assassinio della giovane Noemi, uccisa dal fidanzato adolescente, da famiglie in disaccordo, da una burocrazia sempre troppo lenta rispetto allo scorrere della vita. Sappiamo che fatti come questo non sono che la punta di un iceberg: quante Noemi vivono nascoste all’ombra di città anonime? Quanti fidanzatini pretendono di essere padroni della vita della persona che dicono di amare? Quante famiglie difficili vivono le loro tensioni sulla vita dei propri ragazzi?
Basta avere un po’ di famigliarità con le “periferie” difficili delle nostre città per rendersi conto che di Noemi, pur senza giungere a quelle conseguenze estreme, ve ne sono molte, troppe!
Fatti come questo ripropongono in maniera drammatica la questione dell’educazione delle nuove generazioni, della loro crescita, del loro orientamento nella vita. Nella situazione di cambiamento rapido e accelerato in cui ci troviamo e da cui sono travolte le strutture del pensiero, delle emozioni, delle relazioni tra le persone, il disorientamento dei giovani è profondo. Basta ascoltare qualcuno di loro: «Le mille attrazioni, le centinaia di incontri da cui siamo quotidianamente bombardati ci destabilizzano, ci disorientano…»; «Credo che i giovani di oggi siano disorientati e che la principale difficoltà sia non riuscire a dare al mondo tutto quello che hanno da offrire».
Disorientamento, disillusione, difficoltà a trovare un senso alla propria esistenza: sono i termini che percorrono tante testimonianze giovanili. Ma al tempo stesso anche desiderio di una vita buona, realizzata, piena.
Forse ciò che manca ai giovani è la possibilità di trovarsi di fronte a modelli di realizzazione di sé nella normalità quotidiana del vivere, come afferma questa giovane: «Mancano i modelli con cui confrontarsi. Abbiamo bisogno di guide e di modelli, da vedere, da toccare…»; è sperimentare che, senza essere divi dello spettacolo o miti dello sport, è possibile vivere in pienezza, se si impara a stare dentro la propria esistenza con dignità e con serietà.
Molte domande si pongono a coloro che avvertono la responsabilità di prendersi a cuore la crescita delle nuove generazioni: sono adulti che portano la loro parte di fatica, di disorientamento, di difficoltà. Ma è solo nell’assunzione consapevole e impegnata di questa responsabilità che sarà possibile affrontare questa complessa e per certi versi entusiasmante fase di cambiamento.
Essa richiede l’umiltà dell’ascolto, la disponibilità a prendersi sulle spalle la propria parte di fatica, la ricerca continua del dialogo con i più giovani e la fierezza di dare alla propria esistenza un’interpretazione umana alta, al di là dei successi professionali o delle riuscite sociali.
I giovani hanno bisogno di trovare nella nostra credibilità di adulti e nella solidità delle nostre esistenze i punti di riferimento che sono loro necessari per orientarsi nella vita.