È come la sintesi finale del pellegrinaggio, l’immagine dei fedeli ambrosiani – 2300, ma molti altri se ne sono aggiunti durante le giornate – che sono ovunque, confusi tra i 20.000 che gremiscono, in ogni suo angolo, i 12.000 mq della Basilica sotterranea per la Messa internazionale. Il Rito domenicale è presieduto dall’Arcivescovo, concelebrato da altri 5 Vescovi e da oltre 100 sacerdoti.
Dopo la proclamazione del Vangelo di Marco 8, al versetto 27, le parole di monsignor Delpini – che scorrono sui mega schermi in diverse lingue – sono un invito, un auspicio che, appunto, fa sintesi, come dice lui stesso, di quanto voglia dire percorrere strade e luoghi della fede unici nel mondo, come Lourdes, o le vie della nostra vita quotidiana.
«Sì, Signore, noi vogliamo venire dietro a te» – con i nostri dolori, le gioie e le speranze -, è l’espressione che torna più volte nell’omelia.
Un andare consapevole, seguendolo nelle sue sofferenze, «proprio perché soffriamo, proprio perché solo così possiamo sapere dove porta questo soffrire che scava nella nostra carne e tormenta il nostro animo».
Un essere alla sequela che può, talvolta, portare derisione e impopolarità, persino disprezzo.
«Noi preferiamo condividere la tua solitudine che cercare gli applausi e la popolarità, perché tu sei l’amico di cui non possiamo fare a meno».
Anche perché, in ogni caso, a nulla serve avere tutto se, poi, si è sempre inquieti è infelici, come dimostra ampiamente la nostra vita odierna. «A che giova guadagnare il mondo intero se perdiamo l’anima e la vita finisce nella morte?».
Chiara l’alternativa offerta da Cristo stesso: ”Se venite dietro a me dovrete seguire il mio esempio, essere servi gli uni degli altri, amare tutti fino a dare la vita per gli altri, fino a morire”.
E, altrettanto certa arriva la risposta per i pellegrini: «Noi vogliamo venire dietro a te: solo in te c’è la gioia, c’è la pace, c’è la speranza di vita eterna
L’Angelus alla grotta
Poi, dopo la Messa, la processione dei concelebranti alla grotta, dove viene recitato l’Angelus.
«Forse quelli che portano cattive notizie non sono sempre così affidabili» dice, in conclusione, l’Arcivescovo guardando il sole che inonda la mattinata è alludendo alla fama di Lourdes come cittadina piovosa.
E, aggiunge, tra gli applausi, «Ciascuno di noi è venuto qui per un canmmino personale, con un’attesa e la gratitudine di una Grazia particolare, per una parola necessaria per la propria vita. Ma qualcosa portiamo a casa tutti insieme, nelle famiglie, nelle relazioni quotidiane, nel lavoro e nei luoghi del dolore e della gioia: la benedizione del Signore».
Da qui l’incarico affidato a ognuno: «Siate sempre persuasi che la vostra vita è benedetta da Dio e siate, per chi vi incontra, una benedizione».
La forza dei volontari (e dei pellegrini)
L’ora di pranzo passa veloce visitando la Casa “Salus Infirmorum” dell’Unitalsi, bella e storica struttura di 11 piani, ma modernissima al suo interno, che può accogliere 350 malati in 100 stanze.
L’Arcivescovo arriva a piedi e viene subito salutato dai volontari e dai malati, da Vittore De Carli, presidente per la Lombardia dell’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali.
«Vi benedico e vi incoraggio in questo vostro servizio gratuito», dice monsignor Delpini ad alcuni giovani, tra cui 14 ragazzi e ragazze che frequentano, a Milano, il Liceo “Carducci” e che, grazie al loro insegnante di religione, don Alessandro Repossi, vivono l’esperienza dell'”Alternanza Scuola Lavoro”, proprio a Lourdes.
«Penso che sia un’idea geniale fare l’alternanza così, qualificando i rapporti umani e, magari, irradiando il desiderio di simili esperienze ad altri compagni».
«Avere con noi l’Arcivescovo fa capire che la sofferenza può diventare gioia», spiega, davanti ai malati riuniti per il pranzo, De Carli, a sua volta vittima di una recente grave sofferenza.
Il pensiero del vescovo Mario – che poco dopo si reca a ogni tavolo – è tutto per l’Unitalsi. «Vi ringrazio. Ho molta ammirazione dell’Unitalsi, non solo nelle sue manifestazioni straordinarie, ma per l’attività nel quotidiano, per l’attenzione e per l’offerta, a chi è nella malattia e deve dipendere dagli altri, di un’esperienza di fede e di condivisione fraterna».
Infine, prima che inizi il turno del primo pomeriggio, l’appuntamento è alle Piscine contigue alla grotta.
Tanti i fedeli che già attendono di poter fare il bagno rituale nell’acqua di Lourdes.
A tutti – per la prima volta, presidente dell’ “Associazione San Giovanni Battista per le Piscine” è un’italiana, Maria Rita Ferri – si rivolge l’Arcivescovo che richiama le moltissime volte in cui l’acqua torna nelle pagine della Scrittura: dalla Genesi al diluvio «che purifica», dalle acque del Mar Rosso, che segnano la fine della schiavitù del popolo eletto, all’acqua battesimale del Giordano e a «quella della Samaritana che zampilla per la vita eterna».
Grande è prezioso il valore dell’acqua con la sua capacità di dissetare, di purificare. «Ringrazio tutti coloro che aiutano chi vuole immergersi nell’acqua che la Vergine ha benedetto con la sua presenza, indicando a Bernadette un segno della sua benedizione. È ringrazio chi,immergendosi, vuole sperimentare la promessa di Dio che è scritta proprio nell’acqua».
Il suggello del Padre nostro recitato da ciascuno nella propria lingua, la benedizione finale sono il simbolo vivo della volontà «di crescere nella fede come rugiada mattutina che scende sulla terra e per sentire la responsabilità di essere una terra fecondata dall’acqua viva e, quindi, capace di produrre frutti di carità».