«Andate, non come eroi solitari presuntuosi per la vostra originalità, siate fratelli, anche se siete così diversi; gareggiate nello stimarvi a vicenda». Il dialogo immaginario tra i discepoli e il Signore, nel momento in cui inizia la loro missione, è la cifra, il simbolo, la sintesi di quello che la Diocesi, la Chiesa, la città, la gente, si attende dai nuovi sacerdoti divenuti tali, in un Duomo gremito di migliaia di fedeli, con l’Ordinazione presbiterale conferita per l’imposizione delle mani e la preghiera dell’Arcivescovo. Che, appunto, nella sua omelia, propone questo dialogo di 2000 anni fa in Galilea, ma attualissimo oggi a Milano e, rivolgendosi a tutti, in un’allusione evidente ai 24 Candidati al sacerdozio che ha fronte. 22 diocesani, cui si aggiungono 2 religiosi, l’uno della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione (i Concezionisti) e l’altro, dell’Ordine dei Chierici Regolari di San Paolo (Barnabiti).
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Uomini di età diversa – compresi tra i 25 e i 58 anni – provenienti dalle differenti Zone pastorali e con un ampio raggio di esperienze di studio e professionali alle spalle. 11 i laureati (in ingegneria, veterinaria, comunicazione, sociologia, giurisprudenza, scienze religiose, scienze economiche e facoltà umanistiche), altri che hanno svolto attività in campo educativo e sociale, ma c’è anche chi ha fatto l’infermiere e chi ha lavorato come idraulico. Per questo giorno così importante, arrivano allora in Cattedrale le comunità parrocchiali, i membri del Consiglio Episcopale Milanese, con il Vicario generale e i Vescovi ausiliari, i Canonici del Capitolo metropolitano, moltissimi sacerdoti, tra cui coloro che hanno accompagnato il cammino di questi preti novelli, le famiglie, il Seminario al completo, gli amici. Accanto all’Arcivescovo siedono i Superiori Generali, rispettivamente, dei Barnabiti, Francisco Chagas Santos de Silva e dei Concezionisti, Michele Perniola, il rettore del Seminario, don Enrico Castagna e l’Arciprete del Duomo, monsignor Gianantonio Borgonovo.
L’omelia
Senza nascondere le paure, le speranze di sempre e in riferimento al Vangelo di Matteo 28, da cui la Classe 2022 ha tratto il proprio motto, “Io sono con voi”, si avvia la riflessione del Vescovo Mario, dopo la presentazione e l’“Eccomi” dei Candidati. «Signore, avranno obiettato i discepoli, siamo soltanto in 11, un numero incompleto, ferito, sproporzionato. Il mondo è immenso, il campo di lavoro è sconfinato, i bisogni sono incalcolabili. Andate, non calcolate il numero, ma il sapore del sale; non calcolate quanti siete, ma piuttosto quanto sia ardente il vostro zelo; non calcolate quanto che c’è da fare, ma di quanta speranza abbiano bisogno i popoli. Io sono con voi, dice il Signore». E, così anche per i dubbi e la «fede inquieta», per ciò che i discepoli di ieri e di oggi fraintendono o non capiscono, con un Signore che, comunque, “manda” i suoi. «non perché siete perfetti, non perché avete già imparato tutto, non perché siete solidi come rocce, ineccepibili come angeli, dotati di ogni sapienza come sarebbe desiderabile, non perché siete santi, io vi mando, ma perché possiate diventarlo. La vostra testimonianza diventerà luminosa e persuasiva perché vi edificheranno i piccoli del Regno che abitano su tutta la terra. Non avete altro da fare che fare memoria di me, essere memoria di me, trarre parole e progetti e programmi dalla memoria di me».
«Signore, hanno forse obiettato i discepoli – continua l’Arcivescovo – , che cosa succederà di noi? Come affronteremo le asprezze del quotidiano, le frustrazioni dei fallimenti, l’aridità dei giorni inconcludenti? Che cosa sarà di noi in un mondo che cambia?». Chiara la risposta di Gesù. «Cercate in ogni cosa il regno di Dio piuttosto che le vostre gratificazioni e riconoscerete che il Regno di Dio è in mezzo a voi». Il dialogo immaginario è anche tra Dio e Mosè, protagonisti della I Lettura tratta dal Libro dell’Esodo. E qui, il richiamo al presente, nella parole mosaiche e nella risposta del Dio d’Israele che libera dalla schiavitù d’Egitto, è un monito. «Il principe di questo mondo è potente in modo spaventoso. Questo Egitto di schiavitù è ostile alla parola della libertà. Il potere del mondo, il Faraone, si considera dio e figlio di dio, non ammette nessuno sopra di sé, non vuole sentire ragioni. Mi tratterà con disprezzo -, mi opprimerà con violenza, se parlo di liberazione e di terra promessa e di una vocazione che viene da un Dio sconosciuto». obietta Mosè a cui parla il Signore: «non vi deve spaventare il potere immenso di Faraone, il sistema opprimente che riduce in schiavitù i figli di Dio, l’arroganza spietata di chi si ritiene signore del mondo.
A me è stato dato ogni potere. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede». Evidente la consegna ai 22. «I Candidati che oggi sono inseriti nel presbiterio per l’imposizione delle mani e per la preghiera di ordinazione hanno fatto tutte queste obiezioni al Signore che li ha chiamati e ora li consacra e li manda. Hanno tutte le buone ragioni per sentirsi inadeguati e incerti,, ma hanno trovato nel Signore la risposta convincente che li ha persuasi ad accogliere la chiamata e la scelta della Chiesa. Perciò oggi sono qui. Ma non sono qui solo per se stessi. Sono qui anche per diventare di fronte a tutti la risposta convincente per chi esita a incamminarsi sulle strade della missione. Sono qui per essere testimonianza, specialmente i giovani, che vale la pena di mettersi in cammino, perché il Signore Gesù è sempre con noi, ogni girono, fino alla fine del mondo». (leggi il testo integrale dell’omelia)
I gesti della Liturgia di Ordinazione
Poi, i gesti, sempre suggestivi, della Liturgia dell’Ordinazione, con l’Impegni degli eletti, il “Sì, lo voglio” e il “Sì, lo prometto”, le Litanie dei Santi, l’Imposizione delle mani nel silenzio della Cattedrale e la Preghiera di Ordinazione, la Vestizione degli abiti sacerdotali, l’Unzione crismale, la consegna del pane e del vino da parte dei Vescovi e la gioia dello scambio della pace.
E, prima dell’applauso che suggella la gioia della Celebrazione, ancora un grazie dall’Arcivescovo che si fa voce anche del Papa, del cardinale Angelo Scola e del vicario apostolico nominato per l’Arabia Meridionale, il milanese e già vicario episcopale, monsignor Paolo Martinelli. «Siate benedizione per la vostra famiglia, per le comunità che vi hanno accompagnato, per il Presbiterio che vi accoglie, per il Ministero che vi aspetta. Ministero che è certamente in questa Arcidiocesi, ma che è per tutto il mondo. Il Signore ci manda perché la parola del Vangelo e della salvezza arrivi i tutti i popoli e noi, in questa terra e in qualunque terra ci capiterà di essere, saremo testimoni di questo Vangelo. Siate benedizione per questa città che ha bisogno della nostra parola di speranza».
E, alla fine, la festa che si trasferisce all’esterno del Duomo – dopo il saluto agli ormai preti 2022 in casa dell’Arcivescovo – con gli striscioni, i canti e il tradizionale lancio in aria dei sacerdoti novelli.
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