Aiutare le altre persone e scoprire se stessi. Fare del bene agli altri è un modo per crescere, ma anche per conoscersi e capire chi si è veramente. A dirlo è Anna Sironi, che il 14 gennaio ha concluso un periodo di Servizio civile in Caritas, iniziato il 15 gennaio 2020.
Un anno difficile, con tanti lockdown, regole e distanze obbligate. Ma per lei anche un anno felice, in cui ha potuto imparare tante cose su se stessa e sugli altri. Il suo percorso si è svolto presso la “Locomotiva”, una comunità terapeutico-riabilitativa residenziale per ragazzi con disturbi psichici, gestita dalla cooperativa Filo di Arianna: «Ho scelto di fare questa esperienza dopo una missione in Moldova – racconta -. Lì ho fatto amicizia con due ragazze che mi hanno parlato della possibilità di fare servizio civile in Caritas. Subito mi sono accorta che questa scelta calzava a pennello per la mia vita. Perché è un modo per mettersi in ascolto degli altri». Chi presta questo tipo di servizio, infatti, non entra in ruolo, ma ha la possibilità di incontrare le persone che hanno bisogno di aiuto in modo informale. Parlare, raccontarsi e farsi presente nelle necessità quotidiane. «Momenti di gioco, merende, pranzi: ho chiacchierato con i ragazzi e ho condiviso con loro pensieri ed esperienze – spiega Anna -. È stato un modo per conoscere meglio me stessa e mi ha fatto crescere. Sono proprio convinta, anzi, che lo slogan usato in Caritas per descrivere questa esperienza, “Il servizio civile ti cambia la vita”, sia davvero corretto. Questa esperienza mi ha davvero cambiato la vita».
Trascorrere il proprio tempo con persone meno fortunate di noi, che devono affrontare ogni giorno difficoltà più grosse delle nostre e che non si danno mai per vinte. Nonostante tutto. Imparare a essere grati e non dare mai niente per scontato. Ma anche mettersi in ascolto dei bisogni degli altri e cercare di dar loro una mano. Un’esperienza appagante e che dà gioia. «Quest’anno è passato molto velocemente – aggiunge Anna -. E salutare i ragazzi per me non è stato facile, perché sono diventati la mia quotidianità. Con loro ho costruito un bel rapporto e mi mancheranno sicuramente». Un’esperienza che è stata molto influenzata anche dalle regole imposte dalla pandemia, per molte persone difficili da rispettare: «Stare insieme a loro mi ha aiutato a vivere misure come l’obbligo della mascherina e della distanza di un metro. Rispettare queste regole, infatti, è un modo per accogliere le persone così come sono, mantenendo una certa distanza per non invadere troppo».
Un’esperienza che aiuta anche a riflettere sul proprio futuro e a capire a quale professione si è chiamati. «Mi sono laureata in Lettere da poco . conclude -. E dopo il servizio civile ho deciso di iscrivermi al master in “Relazioni d’Aiuto” all’Università Cattolica. Penso proprio che sia questa la mia strada, perché mi dà vita, mi piace e mi piaccio anch’io quando lo faccio».